«Una spada ti trafiggerà l’anima»
Anche a te una spada trafiggerà l’anima» (Luca 2,35b). Doveva restare nell’alone della festa il quarantesimo giorno dalla nascita allorché Maria e Giuseppe, ligi a prescrizioni e raccomandazioni della legge, portano Gesù a Gerusalemme per offrirlo come primogenito al Signore nel tempio. Anche l’adempimento, ingiunto dalla legge, della purificazione della madre dopo il parto contribuiva alla festosità della giornata, data in cui la donna, libera e risanata dai rischi del puerperio, tornava in società. La loro gioia di genitori era anche impreziosita dal sorprendente incontro con Simeone, uomo giusto e timorato di Dio che aspettava il conforto di Israele e con Anna, vedova molto avanzata in età, una profetessa che non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno. Costoro percepiscono l’identità di quel neonato visibilmente simile alla moltitudine di coetanei portati al tempio con il medesimo intento di offerta della primogenitura: egli la salvezza preparata, la luce per illuminare le genti, la gloria d’Israele, l’atteso redentore. Maria recepisce (con Giuseppe) tali catechesi, che ampliano e confermano le illuminazioni già ricevute dall’alto e da altri.
Inaspettato e arcano cala l’annuncio di Simeone rivolto alla madre: una spada attraverserà la tua anima. È verosimile che quell’inciso, parentesi nel contesto della visione d’un messia segno di contraddizione, abbia rabbuiato la festosità del rito. Immagine della spada e informazioni sugli effetti del suo roteare prevalentemente movimentano emozioni di paure, di turbamento, di difesa, scavano ricordi di guerre, di ferimenti, di stragi. Quella frase irta e solenne non poté lasciare indifferente la sensibilità della giovane madre Maria: l’immediata applicazione tracciava un futuro cupo. Il balenìo della spada contraddice il futuro glorioso che per il figlio era stato presagito dalle parole dell’angelo: sarà grande e santo, verrà chiamato figlio dell’Altissimo, regnerà per sempre ed erano parole gioiose, custodite nel cuore vigile e disponibile della vergine annunziata. Quella spada scavava nella sua propria vita gradini della via crucis.
Ma la spada è pure simbolo della Parola di Dio viva, efficace, penetrante sino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, scrutatrice di sentimenti e pensieri (Ebrei 4,12). Quella non è la spada del dolore: è la spada della verità di se stesso, la delineazione scultorea della propria identità, l’articolazione robusta delle ispirazioni animatrici della vita individuale. La spada del dolore che trafigge il cuore è provvisoria, episodica: ferisce nelle ore o nei giorni della tribolazione. La spada della parola è costanza di incoraggiamento e di verifica: incide nella vita e fruttifica beatitudine: «beati quanti ascoltano e opera la parola». Come la madre Maria, sono familiari di Gesù quanti amano e agiscono la parola di Dio. Parola di Dio è Gesù il Cristo medesimo, che la madre ha amato servito. La Parola messaggio e la Parola persona ha attraversato la vita di Maria.