Una promessa di consolazione
Il profeta Geremia fa riferimento a Rachele rivolgendosi agli israeliti per consolarli (Ger 31,15). Con questi versetti il profeta presenta questa donna al suo popolo, in una realtà di dolore e pianto, ma insieme con una prospettiva di vita impensata. Rachele, che nel racconto della Genesi era morta partorendo un figlio e aveva assunto quella morte perché il figlio potesse vivere, ora invece, è rappresentata dal profeta Geremia come vivente a Rama, dove si radunavano i deportati, e piangente per i figli che in un certo senso sono morti andando in esilio; figli che, come lei stessa dice, «non sono più», sono scomparsi per sempre.
Per questo Rachele non vuole essere consolata. Questo rifiuto esprime la profondità del dolore e l’amarezza del suo pianto. Davanti alla tragedia della perdita dei figli, una madre non può accettare parole o gesti di consolazione, che sono sempre inadeguati, mai capaci di lenire una ferita che non può e non vuole essere rimarginata. Ma Dio col suo amore risponde al pianto di Rachele con parole vere, non finte (Ger 31,16-17).
Proprio per il pianto della madre, c’è ancora speranza per i figli, che torneranno a vivere. Quella donna, che aveva accettato di morire, al momento del parto, perché il figlio potesse vivere, con il suo pianto è ora principio di vita nuova per i figli esiliati, prigionieri, lontani dalla patria. Al dolore e al pianto amaro di Rachele, il Signore risponde con una promessa che adesso può essere per lei motivo di vera consolazione: il popolo potrà tornare dall’esilio e vivere nella fede, libero, il proprio rapporto con Dio. Le lacrime hanno generato speranza. Queste espressioni di Geremia sono state poi riprese dall’evangelista Matteo e applicate alla strage degli innocenti (Mt 2,16-18). Un testo che ci mette di fronte alla tragedia dell’uccisione di esseri umani indifesi, all’orrore del potere che disprezza e sopprime la vita. I bambini di Betlemme morirono a causa di Gesù. E Lui, Agnello innocente, sarebbe poi morto, a sua volta, per tutti noi. Sulla croce sarà Lui a donare una nuova fecondità a sua madre, affidandole il discepolo Giovanni e rendendola madre del popolo dei credenti. La morte è vinta, e giunge a compimento la profezia di Geremia. Anche le lacrime di Maria, come quelle di Rachele, hanno generato speranza e vita nuova.