DI ANDREA DRIGANIMartedì 26 dicembre, Benedetto XVI, nella meditazione prima dell’Angelus ha affermato che, a prima vista, l’accostamento del ricordo di Santo Stefano «Protomartire» alla nascita del Redentore potrebbe lasciare stupiti, vi è, infatti, un contrasto tra la gioia e la pace di Betlemme ed il dramma di Stefano, lapidato a Gerusalemme nella prima persecuzione contro la Chiesa nascente. In realtà – ha aggiunto il Papa – l’apparente stridore viene superato se consideriamo più profondamente il mistero del Natale.Il Bambino Gesù, che giace nella grotta, è l’Unigenito Figlio di Dio fattosi uomo, Egli salverà il genere umano morendo in croce. Ora – ha continuato il Pontefice – lo vediamo in fasce nella mangiatoia, dopo la sua crocifissione sarà nuovamente avvolto da bende e deposto nel sepolcro; non a caso – ha osservato – in certi presepi Gesù Bambino è adagiato in un piccolo sarcofago, ad indicare che il Redentore nasce per morire, per dare la vita in riscatto per tutti. Santo Stefano fu il primo a seguire le orme di Cristo con il martirio, morì, come il divino Maestro, perdonando e pregando per i suoi uccisori. Nei primi quattro secoli del cristianesimo – ha ricordato Benedetto XVI – tutti i santi venerati dalla Chiesa erano martiri, la loro morte non incuteva paura e tristezza, ma entusiasmo spirituale che suscitava sempre nuovi cristiani. Per i credenti – ha detto ancora il Papa – il giorno della morte, ed ancor più il giorno del martirio, non è la fine di tutto, bensì il «transito» verso la vita immortale, è il giorno della nascita definitiva (dies natalis) , si comprende allora il legame che esiste tra il dies natalis di Cristo ed il dies natalis di Santo Stefano.A Maria – ha esortato il Pontefice – che ha conosciuto la gioia della nascita e lo strazio della morte del suo divin Figlio, affidiamo quanti sono perseguitati e soffrono, in vario modo, per testimoniare e servire il Vangelo. Benedetto XVI ha espresso poi una speciale vicinanza spirituale per quei cattolici che mantengono la propria fedeltà alla Sede di Pietro, senza cedere a compromessi, a volte anche a prezzo di gravi sofferenze. Tutta la Chiesa – ha concluso il Papa – ne ammira l’esempio e prega perché essi abbiano la forza di perseverare, sapendo che le loro tribolazioni sono fonte di vittoria, anche se al momento possono sembrare un fallimento.