Tommaso, l’incredulo credente

DI BENITO MARCONCINIL’apostolo Tommaso è ricordato dall’evangelista Giovanni sette volte, mentre in tutto il Nuovo Testamento ricorre appena quattro volte: indizio questo che lo caratterizza come personaggio giovanneo. Ad esso si ricollega con sviluppi spesso leggendari la letteratura non ispirata o apocrifa, scoperta circa mezzo secolo fa a Nag-Hammadi in Egitto, tra cui il Vangelo di Tommaso contenente detti attribuiti a Gesù. Il Tommaso giovanneo si distingue per la fede pasquale vissuta in un cammino non lineare e alquanto tortuoso, ricostruibile in tre tappe. Inizialmente Tommaso appare generoso, solidale con Gesù nella via verso la croce, quasi temerario come Pietro. Dinanzi alla decisione di Gesù di ritornare in Giudea per risuscitare l’amico Lazzaro, con il rischio di essere lapidato, Tommaso, a differenza degli altri discepoli, prontamente dice: «Andiamo anche noi a morire con lui» (Gv 11,16). Gli eventi lo raffreddano nella fede, come segnala l’assenza dal cenacolo durante l’apparizione del Maestro ai discepoli la sera di Pasqua. «Tommaso uno dei dodici non era con loro, quando venne Gesù» (20,24). Egli non crede all’annuncio pasquale, divenuto formula di fede. «Ho visto il Signore» dice Maria Maddalena (Gv 20,18); «abbiamo visto il Signore» dicevano gli altri (Gv 20,25). Qui la traduzione CEI proclamata nella liturgia è errata e cambia il tempo imperfetto indicante continuità (glielo avevano detto più volte) in un passato remoto usato per la momentaneità. Tommaso non ritiene il kerigma, l’annuncio di coloro che hanno visto e udito, sufficiente per la fede. Per credere egli ha bisogno di «vedere», esige una esperienza diretta, non solo raccontata da altri. Per questo pone le sue condizioni: mettere il dito e la mano nelle piaghe. Gesù trasforma questa esigenza di Tommaso in parola, anzi in un comando suo formulato con quattro verbi: metti, guarda, stendi, non essere.

Certo Tommaso è qualificato incredulo, ma non a livello di coloro verso i quali Gesù si era espresso severamente («non si confidava con loro»: Gv 2,24; cfr 4,48). Le parole di Gesù scuotono Tommaso, lo spingono a fare un salto qualitativo nella fede. Non solo non mette la mano nel costato, come invece lo presenta l’impressionante tela del Guercino conservata alla National Gallery di Londra, ma riconosce Gesù «Signore» al pari degli altri e anche «Dio», arricchendo la formula della fede.

Il lettore conosce ora la strada per diventare beato, per raggiungere cioè la massima realizzazione. «Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno» (Gv 20,29) Egli è invitato a credere sulla parola di Gesù, senza esigere la prova, il segno. Questo infatti può aiutare l’accettazione della Parola, ma è la Parola a far emergere la fede dal cuore della persona.