Non esiste teologia staccata dalla pastorale
Il teologo è un credente che ha esperienza di Gesù Cristo e ha scoperto che senza di lui non può vivere. Il teologo è un profeta perché, riflettendo la tradizione che viene dalla Chiesa, mantiene viva la consapevolezza del passato, creando l’invito al futuro in cui Gesù sconfigge la mancanza di speranza. E’ importante recuperare la memoria del passaggio di Dio nella vita della Chiesa per eliminare divisioni e tentazioni.
Non può esistere una Chiesa particolare isolata, con la pretesa di essere proprietaria e unica interprete della realtà e dell’azione dello Spirito Santo; così come non ci può essere una Chiesa universale che non tenga conto della realtà locale. La tradizione della Chiesa è un fiume vivo che risale alle origini e le proietta verso l’avvenire, che irriga terre diverse, e alimenta varie aree geografiche del mondo. In tal modo si continua ad incarnare il Vangelo in ogni angolo del pianeta in maniera sempre nuova. Il compito del teologo è di discernere e di riflettere su cosa significhi essere un cristiano di oggi.
Le odierne sfide del multiculturalismo, del relativismo e della globalizzazione rischiano di minimizzare la dignità della persona umana rendendola un bene di scambio. Bisogna sempre seguire la via del Vangelo che continua ad essere presente per placare la sete del popolo e che permette di allontanare due grandi tentazioni: quella che condanna ogni cosa rifugiandosi nel conservatorismo o nel fondamentalismo e quella che consacra tutte le novità, tutto ciò che ha sapore di nuovo, relativizzando la sapienza ecclesiale. Non può esistere una dottrina staccata dalla pastorale; i Padri della Chiesa come Ireneo, Agostino, Basilio, Ambrogio, sono stati grandi teologi perché erano grandi pastori. Una teologia che nasce al suo interno ha il sentore di una proposta che può essere bella, ma non reale. Senza l’incontro con il popolo di Dio, la teologia corre il rischio di diventare ideologia.