La via della speranza
Il Libro biblico che porta il suo nome narra che l’esercito di Nabucodonosor, guidato da generale Oloferne, assedia la città di Betulia, nella Giudea, rendendo drammatica la situazione, al punto che gli abitanti di Betulia si rivolgono agli anziani chiedendo di arrendersi ai nemici. La fine sembra ineluttabile, la capacità di fidarsi di Dio si è esaurita. Davanti a tanta disperazione, il capo del popolo tenda di proporre un appiglio di speranza: resistere ancora cinque giorni, aspettando l’intervento di Dio. Cinque giorni vengono concessi a Dio – e qui è il peccato – per intervenire, cinque giorni di attesa.
Fidarsi di Dio vuol dire entrare nei suoi disegni senza nulla pretendere, anche accettando che la sua salvezza e il suo aiuto giungano in modo diverso dalle nostre aspettative. Non siamo noi che possiamo insegnare a Dio quello che deve fare, ciò di cui abbiamo bisogno. Il cammino che Giuditta ci indica è quello della fiducia, dell’attesa della pace, della preghiera e dell’obbedienza. È il cammino della speranza. Senza facili rassegnazioni, facendo tutto quanto è nelle nostre possibilità, ma sempre rimanendo nel solco della volontà del Signore; perché Giuditta ha pregato, ha esortato e poi, energica, ha cercato di avvicinarsi a Oloferne, ed è riuscita a decapitarlo. Giuditta ha un suo piano, lo attua con successo e porta il popolo alla vittoria, ma sempre nell’atteggiamento di fede di chi tutto accetta dalla mano di Dio, sicura della sua bontà. Cosi Giuditta ridà forza al suo popolo in percolo mortale e lo conduce sulle vie della speranza, indicandole anche a noi.