La Via Crucis nel carcere: «Non abbiamo paura di portare la croce»

DI ANDREA DRIGANI

Venerdì 30 marzo Papa Benedetto XVI, in occasione della Via Crucis svoltasi nella Casa circondariale di Rebibbia alla quale hanno partecipato detenuti, operatori penitenziari e gruppi di fedeli di varie parrocchie di Roma, ha inviato un messaggio nel quale afferma di essere particolarmente vicino a questa iniziativa nel ricordo della visita compiuta nel carcere poco prima di Natale.

So che questa Via Crucis – scrive ancora il Pontefice – vuole essere un segno di riconciliazione. In effetti, come disse uno dei detenuti durante l’incontro, il carcere serve per rialzarsi dopo essere caduti, per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio, e poter poi rientrare di nuovo nella società. Quando nella Via Crucis vediamo Gesù che cade a terra, comprendiamo che Lui ha condiviso la nostra condizione umana, il peso dei nostri peccati l’ha fatto cadere; ma per tre volte Gesù si è rialzato e ha proseguito il cammino verso il Calvario : e così, con il suo aiuto, possiamo rialzarci dalle nostre cadute, e magari aiutare un altro, un fratello, a rialzarsi. Ma – si è chiesto Benedetto XVI – che cosa dava a Gesù la forza di andare avanti? Era la certezza che il Padre era con Lui. Anche se nel suo cuore c’era tutta l’amarezza dell’abbandono, Gesù sapeva che il Padre lo amava e proprio quest’amore immenso, questa misericordia infinita del Padre celeste lo consolava ed era più grande delle violenze e degli oltraggi che lo circondavano. Questo è il grande dono che Gesù ci ha fatto con la sua Via Crucis: ci ha rivelato che Dio è carità . Anche noi, allora, non abbiamo paura di percorrere la nostra «via crucis», di portare la nostra croce insieme con Gesù. Lui è con noi. E con noi c’è pure Maria, sua e nostra madre. Lei rimane fedele anche ai piedi della croce, e prega per la nostra resurrezione, perché crede che, anche nella notte più buia, l’ultima parola è la luce dell’amore divino.