La terra di Abramo, patrimonio comune di ebraismo, islam e cristianesimo

DI ANDREA DRIGANI

Venerdì 2 luglio Papa Benedetto XVI ha ricevuto, per la presentazione delle lettere credenziali, Habbeb Mohammed Hadi Ali Al-Sadri, nuovo Ambasciatore della Repubblica dell’Iraq presso la Santa Sede. Il Pontefice, dopo aver ricordato che con le elezioni del 7 marzo 2010, il popolo iracheno ha scelto la via della democrazia e dell’armonia reciproca,  ha fatto presente le difficoltà affrontate dai cristiani in Iraq e delle misure intraprese dal  governo per dare loro maggiore protezione.

Fin dagli inizi della Chiesa – ha detto ancora il Papa – i cristiani sono stati presenti  nella terra di Abramo, una terra che è parte del patrimonio comune di ebraismo, cristianesimo e islam. Bisogna sperare che, in futuro, la società irachena sia caratterizzata da coesistenza pacifica, in sintonia con le aspirazioni di quanti sono radicati nella fede di Abramo. Negli ultimi anni – ha rilevato il Pontefice -  sono avvenuti molti atti tragici di violenza commessa contro membri innocenti della popolazione, sia musulmani sia cristiani. Questo dolore condiviso – ha aggiunto Benedetto XVI – può costituire un vincolo profondo, rafforzando la determinazione dei musulmani e dei cristiani a lavorare per la pace e la riconciliazione.

La storia ha dimostrato che alcuni degli incentivi più potenti per superare le divisioni derivano dall’esempio di quegli uomini e di quelle donne che, avendo scelto la via coraggiosa della testimonianza non violenta di valori più elevati, sono morti per atti codardi di violenza. È della massima importanza – ha proseguito il Pontefice – che la dignità umana dei cittadini venga rispettata sia nel diritto che nella pratica, in altre parole che i diritti fondamentali di tutti siano riconosciuti, tutelati e promossi. Fra i diritti umani, quelli di religione e di libertà di culto sono essenziali perché permettono ai cittadini di vivere in conformità con la loro dimensione trascendente, come esseri umani fatti a immagine del loro divino Creatore. Quindi – ha concluso – spero e prego affinchè questi diritti non solo siano consacrati nella legislazione, ma permeino il tessuto stesso della società irachena.