La solidarietà non è un’elemosina sociale
Che cosa significa – ha esordito il Papa – «ripensare la solidarietà»? Certamente non significa mettere in discussione il recente insegnamento sociale della Chiesa, che anzi dimostra sempre più la sua lungimiranza a cominciare dall’Enciclica «Laborem exercens» del Beato Giovanni Paolo II. Piuttosto «ripensare» mi pare significhi due cose: anzitutto coniugare il magistero con l’evoluzione socio-economica, che, essendo costante e rapida, presenta aspetti sempre nuovi; in secondo luogo «ripensare» vuol dire approfondire, riflettere ulteriormente, per far emergere tutta la fecondità di un valore, quale quello della solidarietà, che attinge profondamente dal Vangelo, cioè da Gesù Cristo, e quindi come tale contiene potenzialità inesauribili.
In particolare – ha aggiunto il Pontefice – il fenomeno della disoccupazione, della mancanza e della perdita del lavoro, che si sta allargando a macchia d’olio in ampie zone dell’occidente e che sta estendendo in modo preoccupante i confini della povertà, richiede la massima attenzione. Non c’è peggiore povertà materiale di quella che non permette di guadagnarsi il pane e che priva della dignità del lavoro. Ormai questo «qualcosa che non funziona» non riguarda più soltanto il sud del mondo, ma l’intero pianeta. Ecco allora – ha detto Papa Francesco – l’esigenza di «ripensare la solidarietà» non più come semplice assistenza nei confronti dei più poveri, ma come ripensamento globale di tutto il sistema, come ricerca di vie per riformarlo e correggerlo in modo coerente con i diritti fondamentali di tutti gli uomini. A questa parola «solidarietà», non ben vista dal mondo economico, quasi fosse una parola cattiva, bisogna ridare la sua meritata cittadinanza sociale. La solidarietà, infatti, non è un’elemosina sociale, bensì un valore sociale. La crisi attuale non è solo economica e finanziaria, ma affonda le sue radici in una crisi morale e antropologica. Seguire gli idoli del potere, del profitto, del denaro, al di sopra del valore della persona umana, è diventato norma fondamentale di funzionamento e criterio decisivo di organizzazione. Dobbiamo tornare alla centralità dell’uomo – ha concluso Papa Francesco – ad una visione più etica delle attività e dei rapporti umani, senza il timore di perdere qualcosa.