La gioia di sperare

L’espressione «Dio della speranza» – ha osservato il Papa – non vuol dire soltanto che Dio è l’oggetto della nostra speranza, cioè Colui che speriamo di raggiungere un giorno nella vita eterna; vuol dire anche che Dio è Colui che già ora ci fa sperare, anzi ci rende «lieti nella speranza»: lieti ora di sperare, e non solo sperare di essere lieti. È la gioia di sperare, e non sperare di avere gioia, già oggi. San Paolo attribuisce allo Spirito Santo di farci addirittura abbondare nella speranza, che significa non scoraggiarsi mai; sperando «contro ogni speranza» (Rm 4,18), cioè sperare anche quando viene meno ogni motivo umano di sperare, come fu per Abramo quando Dio gli chiese di sacrificargli l’unico figlio, Isacco, e come fu, ancor di più, per la Vergine Maria sotto la Croce di Gesù.

Lo Spirito Santo rende possibile questa speranza invincibile dandoci la testimonianza interiore che siamo figli di Dio e suoi eredi. Come potrebbe Colui che ci ha dato il proprio unico Figlio non darci ogni altra cosa insieme con Lui? La speranza non delude, perché c’è lo Spirito Santo dentro di noi che ci spinge ad andare avanti, sempre! C’è di più: lo Spirito Santo non solo ci rende capaci di sperare, ma anche di essere seminatori di speranza, di essere anche noi, come Lui e grazie a Lui, dei «paracliti», cioè consolatori e difensori dei fratelli. Un cristiano può seminare amarezze, può seminare perplessità, e chi fa questo non è un buon cristiano. Seminare speranza: seminare olio di speranza, seminare profumo di speranza e non aceto di amarezza. Sono soprattutto i poveri, gli esclusi, gli scartati ad avere bisogno di qualcuno che si faccia per loro «paraclito», cioè consolatore e difensore, come lo Spirito Santo fa con ognuno di noi.

Lo Spirito Santo alimenta la speranza non solo nel cuore degli uomini, ma anche nell’intero creato. Dice l’apostolo Paolo che anche la creazione è protesa con ardente attesa verso la liberazione e geme e soffre come per le doglie di un parto (cfr. Rm 8,20-22). Pure questo ci spinge a rispettare il creato: non si può imbrattare un quadro senza offendere l’artista che lo ha creato.