Isaia, il profeta del «Dio con noi»
Anche Gesù ricorre ad Isaia per legittimare la propria missione (Is 61,1-3), mentre gli scritti neotestamentari lo citano per oltre trecento volte: è comprensibile pertanto come in questo Avvento vi attingano sempre la Liturgia Domenicale e la Liturgia delle Ore e per due settimane quella feriale.
La salvezza annunciata da Isaia giunge al credente nella conversione, nella calma e nell’abbandono confidente (Is 30,15), attraverso l’incisività di uno stile che ha permesso di definire il profeta «Dante della Bibbia», e mediante il linguaggio della debolezza. Isaia invita infatti a preferire le acque di Siloe che scorrono piano a quelle impetuose e abbondanti dell’Eufrate (8,6-7), ad attendersi il consolidamento del trono di Gerusalemme da un ramoscello che spunterà dalla radice di Iesse (11,1), a sperare in una pace tra «il lupo e l’agnello» mediata da un bambino, apportatore di giustizia per i miseri, ripieno dello Spirito (11,2) e capace di donare agli uomini una possibilità di salvezza, al di fuori di ogni automatismo.
I ripetuti annunci di salvezza si concentrano su di un bambino «nato per noi» (Is 9,5), ponendo un rapporto tra il figlio del re Acaz e l’atteso Messia. Come Ezechia, nato da «giovane donna» (Is 7,14) Abia, la moglie del re Acaz, in una situazione tragica fu segno della presenza divina («Emmanuele», o Dio con noi), così e tanto più il figlio della vergine Maria sarà per tutti gli uomini segno di salvezza (Gesù) ed Emmanuele: è l’evangelista Matteo (1,22-23) illuminato dallo Spirito a scoprire nel pio Ezechia l’annuncio (il «tipo») del salvatore Gesù.