Il cristianesimo non è la religione della paura ma della fiducia

DI ANDREA DRIGANI

Mercoledì 23 maggio Papa Benedetto XVI nel corso dell’udienza generale ha affermato che il cristianesimo non è una religione della paura, ma della fiducia e dell’amore del Padre che ci ama. Queste due dense affermazione – ha proseguito – ci parlano dell’invio e dell’accoglienza dello Spirito Santo, che ci rende figli in Cristo e ci colloca in una relazione con Dio, relazione di profonda fiducia, come quella dei bambini; una relazione filiale analoga a quella di Gesù, anche se diversa è l’origine e diverso lo spessore: Gesù è il Figlio eterno di Dio che si è fatto carne, noi invece diventiamo figli in Lui, nel tempo, mediante la fede e i Sacramenti del Battesimo e della Cresima. Forse l’uomo d’oggi – ha continuato il Pontefice – non percepisce la grandezza e la consolazione profonda contenute nella parola «padre» con cui possiamo rivolgersi nella preghiera, perché la figura paterna spesso oggi non è sufficientemente presente, anzi spesso non è sufficientemente positiva nella vita quotidiana. L’assenza del padre, il problema di un padre non presente nella vita di un bambino è un grande problema del nostro tempo, perché diventa difficile capire che cosa vuol dire che Dio è Padre per noi. Da Gesù stesso, dal suo rapporto filiale con Dio, possiamo imparare che cosa significhi propriamente «padre», quale sia la vera natura del Padre che è nei cieli.

Critici della religione – ha aggiunto Benedetto XVI – hanno detto che parlare del «Padre», di Dio sarebbe una proiezione dei nostri padri al cielo. Ma è vero il contrario: nel Vangelo, Cristo ci mostra chi è padre e come è un vero padre, così che possiamo imparare la vera paternità. E’ proprio l’amore di Gesù, il Figlio Unigenito, che giunge al dono si se stesso sulla croce, che ci rivela la vera natura del Padre: Egli è l’Amore e anche noi, nella nostra preghiera di figli, entriamo in questo circuito di amore, amore di Dio che purifica i nostri desideri, i nostri atteggiamenti segnati dalla chiusura  e dall’egoismo tipici dell’uomo vecchio. Questa realtà fondamentale della paternità divina – ha detto ancora il Papa – ci viene dischiusa quando ci apriamo allo Spirito Santo ed Egli ci fa rivolgere a Dio dicendogli «Abbà», Padre. Siamo entrati oltre la creazione, nell’adozione con Gesù; uniti, siamo in Dio e figli in un modo nuovo. Un’ultima annotazione : noi impariamo a gridare «Abbà, Padre» con Maria, la Madre del Figlio di Dio. Il compimento della pienezza del tempo, avviene al momento del «sì» di Maria, della sua adesione piena alla volontà divina.