I santi? Uomini come noi, capaci di convertirsi

DI ANDREA DRIGANINell’Udienza generale del 31 gennaio, Papa Benedetto XVI, proseguendo il suo itinerario tra i protagonisti delle origini cristiane, ha voluto dedicare la sua attenzione a tre collaboratori dell’Apostolo San Paolo: Barnaba, Silvano ed Apollo, che svolsero un ruolo particolarmente significativo all’inizio dell’evangelizzazione.

Barnaba – ha rammentato il Pontefice – significa «figlio dell’esortazione» o «figlio della consolazione» ed è il soprannome di un giudeo-levita nativo di Cipro ; Silvano era un giudeo di Gerusalemme, uno dei primi, come Barnaba, a farsi cristiano; Apollo, probabile abbreviazione di Apollonio od Apollodoro, pur trattandosi di un nome di stampo pagano, era un fervente ebreo di Alessandria, che recandosi ad Efeso fu introdotto, dai coniugi cristiani Priscilla ed Aquila, ad una conoscenza più completa della via di Dio. Anche tra i primi discepoli – ha ricordato Benedetto XVI – vi furono contrasti, discordie e controversie, i santi non sono uomini caduti da cielo, sono uomini come noi, con problemi anche complicati. La santità non consiste nel non aver mai sbagliato, ma nella capacità di conversione, di pentimento, di disponibilità a rinunciare.

San Paolo – ha osservato ancora il Papa – non agisce da «solista», da puro individuo, ma insieme con questi aiutanti opera nel «noi» della Chiesa. Questo «io» dell’Apostolo, non è un «io» isolato, ma un «io» nel «noi» della fede cattolica. Tutti e tre questi uomini – ha continuato Benedetto XVI – brillano nel firmamento dei testimoni della Buona Novella per una nota che li unisce, oltre che per caratteristiche proprie di ciascuno. In comune, insieme alla nativa appartenenza giudaica, hanno la dedizione a Gesù Cristo ed al Vangelo, e la circostanza di essere stati cooperatori dell’Apostolo Paolo.

In questa grande missione – ha detto il Pontefice – essi hanno trovato il senso della loro vita ed in quanto tali stanno davanti a noi come modelli luminosi di disinteresse e di generosità. Ripensiamo – ha affermato il Papa – ancora una volta a questa frase di San Paolo: Sia Apollo sia io siamo tutti ministri di Gesù, ognuno nel proprio modo, perché è Dio che fa crescere. Questa parola – ha concluso Benedetto XVI – vale anche oggi per tutti, sia per il Papa, sia per i Cardinali, i Vescovi, i sacerdoti, i laici. Siamo, infatti, umili servi di Gesù, serviamo il Vangelo per quanto possiamo, secondo i nostri doni.