I cristiani sono «controcorrente»

I cristiani sono uomini e donne «controcorrente». È normale: poiché il mondo è segnato dal peccato, che si manifesta in varie forme di egoismo e di ingiustizia, chi segue Cristo cammina in direzione contraria. Non per spirito polemico, ma per fedeltà alla logica del Regno di Dio, che è una logica di speranza e si traduce nello stile di vita basato sulle indicazioni di Gesù. Nei tempi di difficoltà, si deve credere che il Signore sta davanti a noi, non cessa di accompagnare i suoi discepoli.

La persecuzione non è una contraddizione al Vangelo, ma ne fa parte: se hanno perseguitato il nostro Maestro, come possiamo sperare che ci venga risparmiata la lotta? Però, nel bel mezzo del turbine, il cristiano non deve perdere la speranza, pensando di essere stato abbandonato. Gesù rassicura dicendo: «Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati» (Mt 10,30). Come dire che nessuna delle sofferenze dell’uomo, nemmeno le più minute e nascoste, sono invisibili agli occhi di Dio. Dio vede, e sicuramente protegge; e donerà il suo riscatto. C’è infatti in mezzo a noi Qualcuno che è più forte del male, delle trame oscure, di chi schiaccia gli altri con prepotenza. Qualcuno che ascolta da sempre la voce del sangue di Abele che grida dalla terra. La fedeltà allo stile di Gesù fino alla morte, verrà chiamata dai primi cristiani con un nome bellissimo: martirio, che significa testimonianza.

C’erano tante altre possibilità, offerte dal vocabolario: lo si poteva chiamare eroismo, abnegazione, sacrificio di sé. Invece i cristiani della prima ora lo hanno chiamato con un nome che profuma di discepolato. I martiri non vivono per sé, non combattono per affermare le proprie idee, e accettano di dover morire solo per la fedeltà al Vangelo. Il martirio non è neppure l’ideale supremo della vita cristiana, perché al di sopra di esso vi è la carità, cioè l’amore verso Dio e verso il prossimo. Lo ricorda San Paolo: «Se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe» (I Cor 13,3). Ripugna ai cristiani l’idea che gli attentatori suicidi possano essere chiamati martiri: non c’è nulla nella loro fine che possa essere avvicinata all’atteggiamento dei figli di Dio. Che Dio ci doni sempre la forza di essere suoi testimoni. Ci doni di vivere la speranza cristiana soprattutto nel martirio nascosto di fare bene e con amore i nostri doveri di ogni giorno.