Gli imprenditori devono essere attenti al bene comune

DI ANDREA DRIGANI

Giovedì 18 marzo Papa Benedetto XVI ha ricevuto i componenti dell’Unione degli industriali e delle imprese di Roma. Seguendo le orme dei miei predecessori – ha esordito il Pontefice – ho ribadito nell’Enciclica «Caritas in veritate» che l’aumento della disoccupazione, specie giovanile, l’impoverimento economico di molti lavoratori e l’emersione di molte forme di schiavitù, esigono come obiettivo prioritario l’accesso di un lavoro dignitoso per tutti. Ciò che guida la Chiesa nel farsi promotrice di un simile traguardo – ha proseguito il Papa- è il convincimento che il lavoro è un bene per l’uomo, per la famiglia e per la società, ed è fonte di libertà e di responsabilità. Nel raggiungimento di tali obiettivi – ha continuato Benedetto XVI – sono ovviamente coinvolti, assieme ad altri soggetti sociali, gli imprenditori , che vanno incoraggiati nel loro impegno a servizio del bene comune. Nessuno ignora quanti sacrifici occorre affrontare per aprire o tenere nel mercato la propria impresa, quale «comunità di persone» che produce beni e servizi e che quindi, non ha come unico scopo il profitto peraltro necessario. L’imprenditore attento al bene comune – ha detto ancora il Pontefice – è chiamato a vedere la propria attività sempre in un quadro plurale. Tale impostazione genera, mediante la dedizione personale e la fraternità vissuta concretamente nelle scelte economiche e finanziarie, un mercato più competitivo e più civile, animato dallo spirito di servizio.

È chiaro – ha aggiunto il Papa – che una simile logica d’impresa presuppone certe motivazioni, una certa visione dell’uomo e della vita; un umanesimo, cioè, che nasca dalla consapevolezza di essere chiamati come singoli e comunità a far parte dell’unica famiglia di Dio, che ci ha creati a sua immagine e somiglianza e ci ha redenti in Cristo; un umanesimo che ravvivi la carità e si faccia guidare dalla verità; un umanesimo aperto a Dio e proprio per questo aperto all’uomo e ad una vita intesa come compito solidale e gioioso. Lo sviluppo, in qualsiasi settore dell’esistenza umana – ha concluso Benedetto XVI – implica anche apertura al trascendente, alla dimensione spirituale, alla fiducia in Dio, all’amore, all’accoglienza, alla giustizia, alla pace.