Geremia, sedotto dal Signore
Fortemente emotivo, guidato più dal sentimento che dalla lucida ragione Geremia appare eroe della «passione», cioè del sentire profondo, come Isaia lo era stato dell’azione. Ora si mostra agnello, ora vendicativo, ricerca la solitudine e ne soffre, desidera Dio e lo rifiuta per poi ricercarlo come unico rifugio, teme il pericolo e lo affronta coraggiosamente.
Geremia è l’uomo che vuol restare fedele alla missione, con libertà dice quanto prova: confidenza e trasparenza distinguono il suo rapporto con Dio. Egli giunge così allo stadio maturo della fede, alla consapevolezza che la propria capacità è più dono che conquista, come risulta dal «Libro della Consolazione» (Ger 30-31) il cui vertice parla di quell’intervento divino nel cuore dell’uomo che lo rende capace di «conoscenza» del Signore, comunemente chiamato «nuova alleanza» (Ger 31,31). Per questo il profeta della comunione più che della comunicazione è considerato a distanza di secoli «l’amico dei suoi fratelli» (2Mac 15,14), la figura più vicina al Servo del Signore, anzi, secondo la mentalità della gente riferita dall’evangelista Matteo (16,14), una figura messianica.