Celebriamo l’Eucaristia per nutrirci di Cristo
Lo dice il Signore: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui» (Gv 6,56). Infatti, il gesto di Gesù che diede ai discepoli il suo Corpo e il suo Sangue nell’ultima Cena, continua ancora oggi attraverso il ministero del sacerdote e del diacono, mnistri ordinari della distribuzione ai fratelli del Pane della vita e del Calice della salvezza.
Nella Messa, dopo aver spezzato il Pane consacrato, cioè il corpo di Gesù, il sacerdote lo mostra ai fedeli, invitandoli a partecipare al convito eucaristico. Conosciamo le parole che risuonano dal santo altare: «Beati gli invitati alla Cena del Signore: ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo». Ispirato a un passo dell’Apocalisse – «beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello» (Ap 19,9): dice nozze perché Gesù è lo sposo della Chiesa – questo invito ci chiama a sperimentare l’intima unione con Cristo, fonte di gioia e di santità. È un invito che rallegra e insieme spinge ad un esame di coscienza illuminato dalla fede. Se da una parte, infatti, vediamo la distanza che ci separa dalla santità di Cristo, dall’altra crediamo che il suo Sangue viene sparso per la remissione dei peccati. Tutti noi siamo stati perdonati nel Battesimo, e tutti noi siamo perdonati o saremo perdonati ogni volta che ci accostiamo al Sacramento della Penitenza. Proprio pensando al valore salvifico di questo sangue, Sant’Ambrogio esclama: «Io che pecco sempre, devo sempre disporre della medicina». In questa fede, anche noi volgiamo lo sguardo all’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo e lo invochiamo: «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato».
Noi andiamo in processione verso l’altare per fare la Comunione, in realtà è Cristo che viene incontro per assimilarci a sé. Nutrirsi dell’Eucaristia significa lasciarsi mutare in quanto riceviamo. Ci aiuta Sant’Agostino a comprenderlo, quando racconta della luce ricevuta nel sentirsi dire da Cristo: «Io sono il cibo dei grandi. Cresci, e mi mangerai. E non sarai tu a trasformarmi in te, come il cibo della tua carne; ma tu verrai trasformato in me». Al sacerdote che, distribuendo l’Eucaristia, dice: «Il Corpo di Cristo», si risponde: «Amen», ossia si riconosce la grazia e l’impegno che comporta diventare Corpo di Cristo.