Abacuc, grida contro la violenza
Il problema di Abacuc riguarda la conduzione divina della storia: egli non riesce a conciliare la potenza e la bontà di Dio con la violenza regnante. Perché Dio non interviene, frenando i violenti e proteggendo i deboli? «Fino a quando, Signore implorerò e non ascolti, a te alzerò il grido. violenza! e non soccorri? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza, ci sono liti e si muovono guerre. Non ha più forza la legge, né mai si afferma il giudizio» (1,2-4). Il Signore risponde promettendo un liberatore, capace con la sua forza di reprimere ogni violenza: manda il popolo dei caldei che invaderà il paese. Il profeta rispetta la decisione di Dio («Tu lo hai scelto per fare giustizia, l’hai reso forte per castigare»), ma fa notare che il liberatore è diventato invasore: “continuerà a massacrare le genti senza pietà?” (1,17).
A questo secondo lamento Dio promette una risposta sicura, soddisfacente, a breve scadenza: «se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà» (2,3). Eccola: «Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua ’emûnah» (2,4). Quest’ultima parola significa fede, per cui il giusto vive aderendo a Dio e confidando nella sua promessa, oppure fedeltà alla sua volontà, dimostrata con l’osservanza dei comandamenti? Il senso più probabile è questo secondo: per vivere in momenti di confusione e violenza bisogna chiedersi che cosa è gradito a Dio e utile per gli altri: quando la Parola di Dio è chiara, come ad esempio sul rispetto della dignità dell’uomo, di qualsiasi uomo, è necessario osservarla per non provocare danni superiori a quelli che si intendono evitare. È la volontà di Dio racchiusa nella Bibbia, quotidianamente osservata, a far vivere.
Il versetto di Abacuc ha avuto fortuna. È preso dall’apostolo Paolo come titolo della lettera ai Romani (1,17), oltre ad essere utilizzato poco prima dallo stesso in Galati (3,11), con forte espansione di significato. La fede più che impegno è per Paolo dono da accogliere con gratitudine e consapevolezza della propria incapacità a salvarsi: «il giusto mediante la fede vivrà».