Vivere l’Avvento con larghezza d’animo
Precursore nella venuta nella storia, Giovanni Battista è anche precursore nella Passione: il Vangelo ci fa vivere il momento in cui il più grande dei profeti vacilla nella fede, mentre Colui che egli ha annunciato inizia la sua opera risanando l’umanità dalla cecità, dallo zoppicare, dalla lebbra, dalla sordità, cioè da tutte le limitazioni alle facoltà umane della vista, del camminare, della sanità corporea, dell’ascoltare, riassunte nell’ultimo invalicabile limite della morte. Tutto questo è come riassunto in due parole: E i poveri sono evangelizzati, mentre al suo profeta in carcere Gesù annuncia: Beato chi non si scandalizza di me.
Ed ecco che lo stesso deserto in cui era risuonato l’annuncio di Giovanni il Battista, l’invito alla conversione, dall’essere un luogo inospitale e disabitato si trasforma in un giardino fiorito in cui il rigoglio della vegetazione fa da contrappunto alla gioia di chi vi cammina. La profezia di Isaia è come un canto che accompagna la marcia dei riscattati, sono le modulazioni del giubilo che commentano la trasformazione della natura (deserto fiorito) la guarigione dei corpi (ciechi o sordi, lebbrosi) il riscatto delle anime (smarriti di cuore): il deserto, luogo senza strade perché senza via, diventa una via, anzi una Via Santa. La prima lettura canta la vita, lo scorrere del Vangelo tra le crepe inaridite della natura, nelle mutilazioni e debolezze dell’umanità, che anticipa la gioia della risurrezione. Giovanni invece profetizza con la sua vita, non più con le parole, il momento in cui il Figlio griderà al Padre il suo abbandono.
Fra l’uno e l’altro quadro, fra il deserto fiorito e la cupa nudità della prigione serve come un collegamento e come un’indicazione per ciascuno di noi, l’esortazione di Giacomo, la triplice esortazione alla macrothymia, intraducibile parola che il latino rende con patientia, e che in realtà significa larghezza d’animo, magnanimità.
Questa larghezza di animo, di mente e di cuore è l’atteggiamento da tenere tra la prima e l’ultima venuta del Signore, da mantenere nella prova, da cantare con riconoscenza nella gioia; è come il filo rosso che lega gli avvenimenti della storia tra il primo e l’ultimo avvento attraverso quello quotidiano e umile nell’oggi.
Il verbo, il sostantivo e l’aggettivo che si riferiscono a macrothymia rendono nella Versione dei Settanta della Bibbia l’idea di trattenere la collera, la capacità di sostenere la prova e la contraddizione senza reagire immediatamente, con impazienza, avendo un animo grande. Il contrario, la pusillanimità, non regge il peso della prova, o si scoraggia o reagisce impulsivamente, vuole tutto e subito, o niente, perché non vive l’oggi nel respiro del Signore. E nella lettera di Giacomo per tre volte la parola «fratelli», regge un imperativo: abbiate un animo grande, non lamentatevi, prendete come modello di macrothymia i profeti.
Le tre letture coprono l’arco della storia del mondo dalla creazione alla parusia, secondo la teologia di Bernardo e dei Padri i tre avventi.
– La prima lettura (il Primo e l’ultimo avvento) ricorda la creazione e anticipa la redenzione.
– La seconda lettura (il Secondo Avvento intermedio, quello quotidiano, che avviene nell’interiorità personale) con una ripetizione per quattro volte di «magnanimità» animo grande, pazienza, suggerisce l’atteggiamento con cui stare nella storia a imitazione dei profeti che hanno preceduto la venuta di Cristo, e a imitazione (sottinteso) degli apostoli che l’hanno seguita.
– Terza lettura: il Vangelo narra l’Avvento storico dell’incarnazione.
I personaggi che si delineano in queste letture sono principalmente due; il primo, Giovanni, che è il rappresentante dell’Alleanza antica e che sta di guarda sul limitare della storia finché compaia l’atteso del Signore. E il secondo è Gesù stesso che viene descritto in modo misterioso nella prima lettura e nella terza ed è insinuato nella seconda. (vedi nel versetto 6 di Giacomo Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non può opporre resistenza, immediatamente precedente). L’altro personaggio, solo implicito, è Maria; la solennità dell’Immacolata ha messo sulla bocca dell’angelo per l’umanità: rallegrati! E in questa domenica Gaudete la gioia è cantata in tutti i toni con tutte le possibili parole, con tutte le possibili modulazioni, ma è la stessa gioia di Maria perché Il salvatore viene ad abitare in mezzo a lei. (Vedi per questo accanto a Is 35: Sof 3, 14 – Gl 2,12 – Zac 9,9)