Trasfigurazione, chiave di lettura
1. Discepolo è chi nel Cristo ha trovato ragioni solide e luminose per il proprio cammino di uomo: nel suo battesimo il proprio ineffabile nome di figlio amato, nella sua tentazione la consapevolezza della inesorabilità della prova e della scelta e nei suoi gesti e parole il come vivere la filialità. L’esserci da figlio equivale a sapersi e a volersi luogo attraverso cui la giustizia accolta del Padre si fa giustizia donata in termini di apertura amante verso il giusto e l’ingiusto, e in termini di libera e autorevole coscienza critica nei confronti di ogni istituzione che in nome di una propria legge e di un proprio interesse relega l’uomo al secondo posto. Prassi che inevitabilmente porta alla persecuzione, non è facile sopportare creature libere dedite con amore alla verità come amore senza se e senza ma. Di questo Gesù è lucidamente consapevole, ne sono prova l’annuncio della sua passione e la messa a punto delle condizioni per seguirlo con la conseguente protesta di Pietro, che costituiscono la premessa ideale al racconto della trasfigurazione (Mt 16,21-28).Gesù, a differenza di Pietro, sa che la sua passione per la ferita dell’uomo e la sua profezia a riguardo di chi e di che cosa la genera approderà al dono di sè ai feriti e ai feritori. Questa è la via filiale di Gesù che al momento turba i seguaci di Gesù, un cammino di bellezza destinato a sfociare nell’oceano della trasfigurazione: «In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finchè non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno», venire come re (Mt 16,28).
2. Chiarito il contesto, lo smarrimento dei discepoli, ciò che merita di essere sottolineato è il genere letterario usato dall’evangelista per descrivere l’evento della trasfigurazione, quello della «teofania» con particolare riferimento al manifestarsi di Dio al Sinai. Là Mosè salì sulla montagna con tre compagni (Es 24,1); là avvenne la sua metamorfosi: «La pelle del suo volto era raggiante» (Es 34,30.35); là la nube che fa luce coprì il monte per sei giorni (Es 24,16-17; cf Es 40,34-35) e là ricevette la parola del Signore (Es 24,3; 34,1). E anche Elia salì sul monte attento a una «voce di sottile silenzio» (1 Re 19). Quì è Gesù a salire su un monte alto con Pietro, Giacomo e Giovanni che saranno i testimoni dell’evento (1Pt 5,1); quì avviene la sua trasfigurazione: «Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce», e si adempie la visione del Figlio dell’uomo profetizzata da Daniele (Dn 7,13-14). E quì la nube, segno della presenza avvolgente di Dio, copre i tre apostoli e fa dire a Pietro, forse alludendo alla festa delle capanne (Es 23,16), : «È bello per noi essere qui», in compagnia di Mosè e di Elia che discorrono con Gesù del suo esodo da questo mondo al Padre (Lc 9,31). E una Voce, riprendendo quanto proclamato nel battesimo, esclama: « Questi è il Figlio mio prediletto Ascoltatelo» (Mt 17,8), come già Mosè.
Il messaggio è chiaro: agli amici di Gesù sconcertati nel coglierlo debole, messo alla prova e messo da parte, è stato dato di vedere per un istante, gli esegeti parlano di squarcio apocalittico, e apocalisse significa rivelazione, l’insieme del suo mistero e del suo cammino. Mistero di un Tu che porta a compimento una storia confluita nella narrazione evangelica, il dirsi di Dio in Mosè e in Elia, nella Legge e nei profeti, storia di luce, divenuta splendore in Gesù. Egli infatti è più che Mosè e Elia, è il Figlio (Sal 2), l’Unico (Gen 22), venuto in forma di Servo (Is 42) a trasfigurare la vita dell’uomo elevandola ad altezza di discorso della montagna e di croce. Questo dice la Voce indicandolo come Figlio, mentre la trasfigurazione dice che un simile uomo, bello e solare nel suo riflettere e espandere la bellezza e la solarità che lo abita, non sarà mai preda del nulla. Il cammino dell’Amante fino al dono di sé, il cui vertice è la cima del Golgota, si conclude sulla vetta del monte della trasfigurazione, un transito nel Regno dell’amore e della luce per sempre. Pietro, Giacomo e Giovanni nel volto del trasfigurato hanno visto il futuro e nel suo quello dell’uomo e del cosmo (Rm 8,18-25), e nell’ascolto del trasfigurato, «Ascoltatelo», sono e saranno iniziati alla conoscenza della via che conduce alla vita, l’amare.
3. Pagina illuminante, che ha variamente ispirato il cammino ecclesiale lungo i secoli, è questa. Gesù luce (Gv 8,12) è riflesso di Dio luce (1Gv 1,5 ), è il giudaismo trasfigurato, è l’icona del destino ultimo dell’uomo e del cosmo ricapitolato nelle sue vesti candide (Rm 8,19-23), ed è la sorgente da cui emana una luce che ove accolta genera creature di luce (Mt 5,14) dischiudendo ad un esistere nella luce, l’orizzonte dell’adorazione e del dono, indici del già di una trasfigurazione in atto e in cammino verso il non ancora della sua piena fioritura quando la Luce sarà tutta in tutti e nel tutto (1 Cor 15,28), e la morte e il male non saranno più.