Tra egoismo e carità

Domenica 31 agosto, 22ª del Tempo Ordinario. «Nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, può contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo. Dal di dentro, infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive» (Marco 7,15.21)

DI BENITO MARCONCINILa ripresa della lettura continuata del secondo vangelo che ci accompagnerà fino alla fine dell’anno liturgico, presenta molte contrapposizioni: precetti degli uomini e comandamento di Dio, fuori e dentro, labbra e cuore. È a quest’ultimo che Gesù dà importanza decisiva come principio di moralità, centro dei progetti e delle decisioni, quale io profondo che dà unità alla persona.

È l’impegno del cuore a stabilire il peccato e la virtù a tre livelli, dei sintomi, dell’atteggiamento fondamentale, della radice ultima e profonda. Sintomi del male sono furti, malvagità, inganni – Marco ne ricorda dodici, e Paolo offre una decina di elenchi – con al centro la cupidigia, il voler possedere di più a scapito degli altri, e nel profondo l’egoismo connotato dal denso termine amartia, quale incapacità di amare. Anche la virtù ha i suoi sintomi come gioia, pace, pazienza (anche qui Paolo offre una decina di elenchi), il cui centro è il servizio, motivato da quel dono innestato nel cuore detto agape che è partecipazione al modo stesso di amare di Dio.

L’invito a non giudicare le persone si fonda sul fatto che nessuno sa con quanto impegno, con quanto «cuore» è stata compiuta un’azione: gli stessi sintomi che per alcuni rappresentano un progresso, un cammino di liberazione, per altri possono essere segno di un pericoloso scivolare verso il male. «Non giudicate dunque, per non essere giudicati» dice Gesù.