Tocca a noi continuare l’opera di Gesù

Letture dell’11 maggio, 4ª domenica di Pasqua: «Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che avete crocifisso» (At 4,8-12); «La pietra scartata dai costruttori ora è pietra angolare» (Salmo 117); «Vedremo Dio cosi come egli è» (1 Gv 3,1-2); «Il buon pastore offre la vita per le sue pecore» (Gv 10,11-18)di Sandro SpinelliCristo, è il buon pastore perché, mentre pasce il suo gregge, offre alle pecore la Sua stessa vita: quella divina, la santità!La risurrezione di Gesù indica il momento preciso nel quale è ricominciata la Sua presenza tra noi ed è l’istante che segna la continuità della sua storia tra gli uomini. Egli è con noi per sempre. Il brano evangelico di Giovanni presentato oggi dalla liturgia, nel carico simbolico di cui è fatto, insegna con chiarezza che Gesù, dopo aver offerto la vita per le pecore… (tutte: quelle del suo ovile ed ogni altra), la può riprendere di nuovo e così continuare la sua storia di salvezza… anche attraverso noi! Il Suo permanere – per sempre – tra noi ed il Suo agire attraverso il nostro operare rivela quanto il Signore sia appassionato a far emergere il vero, il bello, il buono che c’è in ciascuno anche quando una coltre di opacità impedisce agli occhi di vedere. Anche la parabola del «buon pastore» riceve la sua forza solo da Cristo risorto e presente. Egli è il pastore originale, il pastore diverso da ogni altro pastore: il buon pastore! Il pastore assegnato da Dio agli uomini. Infatti Cristo Gesù è quel pastore che si contrappone ai cattivi pastori i quali, quando scoprono che le pecore loro affidate si trovano in situazione di pericolo, le abbandonano al loro destino, alla loro triste sorte. Certo, perché costoro sono mercenari, ladri e briganti! Sì, sono degli estranei per le pecore loro affidate.Ma Cristo Gesù è il pastore difficile da concepire anche nell’ambito puramente naturale. Sappiamo dall’esperienza ordinaria che ogni pastore pasce con cura le sue pecore, le conosce, le accudisce, le conduce ai buoni pascoli…, perché – al momento opportuno – le può sgozzare, vendere e così… lui può continuare la vita.Solo Cristo Gesù è il buon pastore! Egli è venuto «perché le sue pecore abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza!» A questo pastore le pecore stanno a cuore fino alla morte… ma non quella delle pecore, bensì la Sua. Infatti, affinchè noi avessimo la vita, il buon pastore ha offerto la sua! Questa è l’originalità che accade nell’ambito della grazia divina… che ha deciso di stabilire la sua dimora tra gli uomini. In tutto quanto abbiamo contemplato sta la profondità dell’evento pasquale vissuto e celebrato: il pastore offre la vita per la vita delle sue pecore… e per tutte!Con la ripetizione – per ben cinque volte – dell’espressione: «offrire la vita», l’Evangelista Giovanni fa coincidere la pienezza della vita di Dio, nell’amore infinito del donarsi agli uomini attraverso il Figlio. Ecco perché Giovanni, ancora emozionato per questa consapevolezza può dichiarare: «vedete qual grande amore il Padre ci ha dato per essere chiamati Figli di Dio, e lo siamo realmente!» (seconda lettura) E noi siamo partecipi di tale familiarità.Questa familiarità – che è la vita di Dio condivisa con noi, cioè: la santità – entra nel tessuto concreto della nostra vita, nelle pieghe dei nostri giorni… attraverso l’unica porta della casa del Padre che è il corpo crocifisso e risorto di Gesù. Solo attraverso il corpo del Signore ucciso e risorto, entra in noi e può permanere tra noi l’infinito amore di Dio. Godiamo della certezza di essere costantemente abbracciati da questo amore.Da questa sovrabbondanza di grazia, che ne consegue per noi? Nell’obbedienza docile alla guida di questo buon pastore, il grande amore del Padre si può stabilire nella vita di ognuno e certamente suscitare nella Chiesa il desiderio di continuare l’opera di Gesù Cristo ossia: cercare tutte le pecore, per condurle sotto la custodia dell’unico vero pastore, perché possano ascoltare la Sua voce e diventare un solo gregge nell’unico pascolo: il Regno di Dio.Il tema della «vocazione» – proprio di questa domenica – trova la sua collocazione sullo sfondo di questo affascinante, laborioso ed inevitabile compito-missione. Dalla gioia di Pasqua nasce la decisione di vivere per dar forma alla vocazione-compito-missione ricordando che tutto ci è affidato…, il mondo intero ora è affidato a noi, alla Chiesa perché possa ricevere la salvezza donata dal Signore. Quindi, ad imitazione del buon pastore, non possiamo abbandonare il nostro mondo; esso ci appartiene… perchè noi apparteniamo al Signore di tutto.In questa capacità di ripetere i gesti del buon pastore – che dà la vita per la salvezza del mondo – si realizza la vocazione del cristiano, la nostra vocazione e si dilata anche nel presente l’amore del Signore per ogni uomo. Dalla liturgia di oggi abbiamo infatti imparato che chi ama cerca sempre la vita della persona amata… fino a morire per lei!