Se la nostra vita è una risposta all’amore di Dio

Letture del 7 maggio, 4ª domenica di Pasqua: «Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che avete crocifisso» (At 4,8-12); «La pietra scartata dai costruttori ora è pietra angolare» (Salmo 117); «Vedremo Dio cosi come egli è» (1 Gv 3,1-2); «Il buon pastore offre la vita per le sue pecore» (Gv 10,11-18)DI CARLO STANCARIL’immagine del Buon (letteralmente: «Bel», nel senso di autentico e unico, perché dà salvezza) Pastore che dà la sua vita per le sue pecorelle è una delle più antiche nella iconografia cristiana. Essa riassume a suo modo il mistero pasquale di Gesù. Egli dà la sua vita per amore, per salvare i suoi; ma si pone anche a capo della carovana umana per condurre tutti verso la vita nuova in Dio. Così il Figlio di Dio entra totalmente nel dramma umano. Di fronte al lupo, cioè a Satana, affronta la sofferenza, l’odio e il peccato, la morte. Ma questo combattimento non lo vive da solitario; Egli porta nel più profondo di se stesso l’umanità per la quale è venuto, per la quale soffre e muore. Egli conosce ciascuno per nome, e il combattimento che vince per ognuno e con ciascuno è il cammino della «conoscenza» perfetta. È per questo combattimento suo e nostro che il Padre lo ama; e mentre si batte contro il male, incessantemente ci raduna dalla dispersione in unità (creare comunione e unità è l’azione del Risorto per mezzo del suo Spirito, lungo la storia dell’umanità). Noi possiamo anche non ascoltare la sua voce, andare per vie nostre; ma Egli è fedele fino in fondo. Per Lui noi siamo importanti (gli «importa»!). Sono questi i due aspetti della Redenzione che ci sono oggi rivelati e sottolineati. La storia è piena di mercenari che sfruttano, gonfiano attese che poi deludono, promettono salvezza e invece rapinano e seminano distruzione. Dove non c’è amore pagato di persona, là non c’è il Signore, bensì il lupo, quand’anche travestito da agnello.

Pietro, guarendo «nel nome di Gesù» (prima lettura), mostra con chiarezza che la salvezza degli uomini è Gesù, «il solo che ci possa salvare». Il Buon Pastore è il Risuscitato, colui che per amore ci guarisce e ci salva. Egli è l’immagine della tenerezza di Dio del quale noi siamo i figli; egli è l’icona di ciò che noi siamo chiamati a diventare: gli amati figli di Dio. Tuttavia, la nostra vera identità, nascosta nel segreto del cuore di Dio, rivelata nel suo Figlio Gesù, non apparirà in piena luce che alla seconda e definitiva venuta del Cristo. Ma già da ora ci stupiamo dell’amore che fa di noi dei figli sempre cercati (seconda lettura).

In questa domenica nella quale preghiamo per le vocazioni, possiamo dire con verità: «il Signore è il mio pastore», nell’esperienza di un rapporto e di un legame personale e di amore? Proprio oggi è necessario ricordarci che il Battesimo, che ci associa al Cristo, sacerdote, profeta e re, fa anche di noi, nella sequela di Lui e nel suo nome, dei piccoli pastori. Conoscere il Signore e ascoltare la sua voce vuol dire fare della nostra vita una missione per il Regno. È necessario che rendiamo grazie per i tanti che, al servizio dei loro fratelli e sorelle cristiani, realizzano la loro vocazione battesimale in molteplici ministeri, agendo in conformità al divino Pastore e collaborando con Lui.

Credere al Cristo, Buon Pastore, significa impegnarci a fare della nostra vita una risposta all’amore di Dio in vista del bene di tutta l’umanità. Il tema educativo è davvero all’attenzione centrale della nostra pastorale parrocchiale, scolastica e familiare? E noi stessi ci lasciamo educare dalla viva Parola del Buon Pastore, rimanendo pronti all’ascolto, allo stupore per lo splendore della verità che coincide con l’amore più grande? Abbiamo il senso della vita come cammino verso la mèta, come sequela di Gesù? Siamo consapevoli che «chi comincia ad amare deve essere pronto a soffrire» (San Pio da Pietrelcina)? Sentiamo l’esigenza di far parte del Suo gregge, assumendoci la nostra parte di responsabilità, o preferiamo «una comunità e una chiesa fai da te»?