Saremo giudicati sull’amore

Letture del 25 maggio, sesta domenica di Pasqua: «Anche sui pagani si effonde il dono dello Spirito Santo» (At 10,25-27.34-35.44-48); «Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia» (Salmo 97); «Dio é amore» (1 Gv 4,7-10); «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,9-17)

di Sandro SpinelliÈ questo l’ultimo vangelo prima dell’Ascensione al cielo di Cristo Gesù. Ha il sapore forte di un testamento e, di fatto, lo è. Quanto è descritto succede nel Cenacolo, all’ultima cena. È una serata di addii, di tradimenti… e il Signore offre il suo testamento. L’apostolo Giovanni – presente come sempre – è il testimone che ricorda e, oggi, racconta. Gesù confida ai dodici apostoli che il Padre lo ama di un amore infinito e poi assicura i suoi amici lì convocati: anchiIo vi amo, con lo stesso amore con cui sono amato dal Padre Mio; anzi, voglio spingere il mio amore fino al dono della vita per voi.

Dio è amore! Così l’apostolo Giovanni condensa la sua personale esperienza di vita accanto al Signore. E questa risulta essere la più esaltante e perfetta definizione di Dio. Dio, da tanti riconosciuto come l’artefice sommo del creato, o considerato l’origine e la causa di tutto…, è chiamato da Gesù: «Padre!». Ma, con geniale e tenerissima intuizione, Giovanni afferma: «Dio è amore!». In ciò, diventa il testimone efficace del risorto.

L’amore però è esigente… sempre! Infatti Gesù, quella medesima sera, consegna agli apostoli la Sua impegnativa richiesta: «rimanete nel mio amore». Gli Apostoli comprendono bene che rimanere nella Sua amicizia comporta: riconoscere tutti gli uomini, ogni uomo… come fratello e, nella vita quotidiana, portare frutti di bene che rimangano per sempre. Sicuri che nei nostri frutti, maturano le promesse di Dio.

Ma con Gesù gli Apostoli stanno anche imparando che permanere in Lui è garanzia di un immediato ed impagabile effetto: la gioia piena. È proprio questa la letizia e la pace che avevano veduto e assaporato nella vita del Signore Gesù; ora sono consapevoli che era l’esito del Suo rimanere nel Padre. Vivere in tal modo è quindi davvero desiderabile per se stessi e augurabile ad ogni uomo. Chesterton ci aiuta a cogliere lo spessore di questo insegnamento quando afferma: «la gioia è il gigantesco segreto del cristiano».

Lasciamoci persuadere da questa certezza di Cristo; essa è anche la massima convenienza per la nostra esistenza: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore!». La vita – come convenienza cristiana – consiste proprio nell’accogliere in noi la vita che Dio dona attraverso il Figlio Suo; questa vita è l’amore stesso di Dio. Chi ne fa esperienza può riconoscere -come l’Apostolo Giovanni riconobbe- che Dio è amore! La storia della Chiesa, alla quale apparteniamo, è sempre pronta a testimoniare:

la gratuità di questo amore. Esso previene le attese e i bisogni dell’uomo;

l’universalità di questo amore. Vuole infatti abbracciare tutti gli uomini. «Non fa preferenza di persone, ma…, a qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto!» (1° lettura). Inoltre, nessun ostacolo o barriera riesce a fermarlo.

la concretezza di questo amore. È fatto di parole e gesti che raggiungono le persone in tutte le situazioni di vita. È un amore che libera, salva, offre amicizia, crea comunione.

Dalla contemplazione dell’amore di Dio, visibile nella vita di Cristo Gesù, dei suoi e della Chiesa, scaturisce, allora, l’esigenza della nostra personale risposta. La nostra risposta, come quella degli amici del Signore, ha come forma specifica: la vita che vive! E questa è la nostra identità.

Ci è chiesto:– di lasciarci amare da Dio,– di amarci vicendevolmente… come Lui ci ha amati,– di rimanere nel suo amoreL’originalità della vita cristiana – rispetto a quanto il mondo già vive, conosce e fa – sta tutto in quel «come io vi ho amati». Il Suo amore è forma e ragione del nostro amarci: in gratuità, universalità e concretezza. Sa amare chi è stato amato… e amerà nel modo in cui è amato. L’amore fraterno vissuto e testimoniato, rende credibile il vangelo e diventa la prima forma di evangelizzazione. Il mondo lo chiede ed ha il diritto di aspettarselo da coloro che sono in Cristo e sono da Lui amati.

Giovanni l’apostolo, di fronte alla vita di Cristo, ha saputo riconoscere chi era, chi lo aveva mandato tra noi e a far che cosa. Era Gesù, mandato dal Padre Suo, per portare redenzione e salvezza e perché i suoi frutti permanessero: la Chiesa. Chi guarda me, te, noi… cosa riconosce? Dalla letizia della nostra vita impegnata nel lavoro quotidiano, si riconosce che siamo scelti e mandati? I nostri frutti sono le opere per costruire il mondo degli uomini con passione ed educazione? Tali frutti sono duraturi? Ossia la nostra presenza nel mondo sa ridestare il desiderio di incontrare Cristo Signore in coloro che incontrano noi? Questo è il lavoro della Missione che sollecita ogni giorno dell’esistere cristiano.

S. Giovanni della Croce: «la sera della vita saremo giudicati sull’amore» e non possiamo aspettarci altro, dal momento che Dio è amore!