San Tommaso: quei «segni» che aiutano a credere
30 marzo, seconda domenica di Pasqua o domenica della Divina Misericordia: «Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune» (At 2,42-47); «Abbiamo contemplato o Dio le meraviglie del tuo amore» (Salmo 117); «Ci ha rigenerati per una speranza viva, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti» (1 Pt 1,3-9); «Otto giorni dopo, venne Gesù» (Gv 20,19-31)
DI MARCO PRATESI
«Shalom, pace a voi», ripete ancora il risorto agli apostoli, anche a Tommaso che ha dubitato. L’episodio è spesso mal compreso, quasi che Gesù chieda a Tommaso di credere soltanto in virtù dell’annunzio, una fede senza segni. Ora, tutta la Scrittura sta lì a testimoniarci che Dio dà segni della sua presenza e della sua azione. Ma sono segni – per esempio i sacramenti – che vanno «decodificati», letti. Da soli non costringono alla fede, ma la sollecitano. Questi erano i segni che aveva visto l’apostolo prediletto entrando nel sepolcro vuoto. Egli vide, egli credette, senza aver veduto direttamente il Risorto, ma sulla base di quei segni. Tommaso è rimproverato perché ha bisogno di un segno molto maggiore, il corpo stesso del Risorto. Non che egli possa giungere alla fede senza un segno, perché anche quello, il corpo del Risorto, è tale. Non esiste per nessuno accesso «diretto» al mistero, esiste solo l’accogliere i segni che Dio ti offre. La fede di Tommaso non è il risultato di quanto egli tocca: Aliud vidit et aliud credidit (Gregorio Magno, «una cosa vide, un’altra credette»). Anche lui per giumgere alla fede ha dovuto «decifrare» il segno che Gesù gli dava. E quel segno erano le piaghe gloriose. Tommaso vi ha scorto la carta d’identità di Gesù! Meraviglioso: capisce e riconosce Gesù dalle piaghe che l’amore gli ha imposto. Chi ama, non può essere senza ferite. Qui c’è un intero itinerario spirituale: come Tommaso dobbiamo credere e riconoscere Dio nell’amore che si dona sino al culmine.