Quei tralci vivi pieni di grappoli

Letture del 14 maggio, 5ª domenica di Pasqua: «Bàrnaba raccontò agli apostoli come durante il viaggio Paolo aveva visto il Signore» (At 9,26-31); «A te la mia lode, Signore, nell’assemblea dei fratelli» (Salmo 21); «Questo è il suo comandamento: che crediamo e ci amiamo» (1 Gv 3,18-24); «Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto» (Gv 15,1-8)DI CARLO STANCARIDomenica scorsa Gesù ci ha dato l’immagine del Buon Pastore. Oggi invece ci dà l’immagine della vigna. Il Cristo è un compagno di cammino, un amico; è Dio e Figlio di Dio, immagine perfetta del Padre. Ma per noi, Egli è qualcosa di più. La nostra vita è in Lui e la fede battesimale consiste nel credere che noi siamo agganciati al Cristo risorto (Vangelo, da un discorso di addio). Il frutto vero, frutto di vita, di amore, di unità, non morirà fin quando dimoreremo nel Cristo. Questo «rimanere» è essenziale: occorrono i tempi e le dinamiche della crescita, dell’umile discepolato, dell’ascesi e della cura anche dei piccoli aspetti della vita spirituale. Se il Padre ci unisce al suo Figlio, ci dona la vita in Lui: è per questo che noi portiamo molti frutti. E questo è lo scopo e l’esito dell’esistenza di coloro che dimorano nel Cristo Gesù: portare frutto per la vita degli altri. Ed è precisamente portando questi frutti che noi serviamo la gloria di Dio: così diciamo al mondo chi è davvero il nostro Dio manifestatosi in Gesù di Nazaret. Quanti uomini e donne, anche a nostri giorni, ci sembrano davvero dei tralci vivi, per i frutti meravigliosi di bene che sanno portare! Per non parlare di altri, pensiamo a Madre Teresa di Calcutta: al suo funerale, un immenso popolo di cattolici e non si è inchinato alla testimone dell’amore di Cristo, fattasi serva degli ultimi tra gli ultimi.

Ma un tralcio da solo non può essere fecondo. È necessario che si integri alla vigna di Gesù che si allarga nel mondo, sia per la predicazione degli Apostoli, sia per la potenza dello Spirito Santo (prima lettura). È l’energia del Risorto Signore che raggiunge il persecutore e ne fa un suo missionario. Così ogni cristiano ha l’impegno di annunciare il Cristo, con gli altri, e di spandere la vita che egli stesso ha ricevuto. Paolo apostolo porterà frutti nel Cristo, e la Chiesa nascente con lui. Giovanni ci dice come essere tralci fecondi (seconda lettura): avere la fede nel Cristo, essergli fedeli, osservare il comandamento dell’amore verso i fratelli, non a parole ma nei fatti, pregare con fedeltà. Soprattutto il comandamento dell’amore vicendevole è strutturante la vita della comunità del Risorto: «Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli».

La nostra fede, incessantemente nutrita alla Parola e ai sacramenti, deve essere una fede attiva («militante», si diceva una volta), ad immagine di quella delle prime comunità cristiane. Ma prima di «fare» qualcosa che traduca la fede, è necessario che l’adulto nella fede (questa categoria non coincide con l’età anagrafica) «rimanga» nell’amore di Cristo, abbia una vera relazione con Lui, una storia condivisa continuamente ripresa e alimentata. L’amore, quello autentico, è sempre generatore di vita. Non si tratta tanto di fare propaganda o di aggregare a sé altri; si tratta piuttosto di testimoniare a tutti la grazia di quell’incontro che trasforma e sorregge l’esistenza, che dà energie insperate.

Eccoci dunque chiamati in questa domenica a lasciarci potare da Colui che è la vera vigna, al fine di portare più frutto. Se ci lasciamo trasformare dall’Eucarestia che celebriamo, è Dio che porta frutto attraverso di noi, che annuncia la Buona Notizia nelle nostre parole, che manifesta la sua presenza al mondo nei nostri gesti e nelle nostre scelte. Cristo vuole e deve essere vita della nostra vita, coscienza della nostra coscienza; la sua grazia deve essere la nostra forza. Trasformati da Lui, le nostre esistenze diventano segni di salvezza per il mondo. Chiediamo come dono dello Spirito di vedere i segni della presenza del Signore nella storia, e di essere proprio noi, in ogni ambiente, il segno inviato da Dio per essere luce e sale al prossimo.