Quanto è prezioso per noi il tesoro nel campo?

La prima lettura di questa Domenica ci ricorda il sogno di Salomone a Gàbaon, in cui Dio chiede al re: «chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone chiederà il dono del «discernimento», descritto come un «cuore docile» per «rendere giustizia al popolo» e che «sappia distinguere il bene dal male».Dono oggi necessario per discernere la preziosità del Regno di Dio, che va cercato, ma anche comprato al posto di inutili averi, venduti per acquistarlo.Nella parabola del seme Gesù aveva parlato di ciò, che come le spine, soffoca la parola, lo stesso fanno gli affanni della vita e la bramosia delle ricchezze. È con il discernimento, che viene dallo Spirito Santo, che si è in grado di riconoscere il Regno di Dio come un tesoro nascosto e una perla di grande valore. Allora, saggiamente, il mercante nasconde e «pieno di gioia» vende i suoi averi e compra il campo e acquista la perla.Le due parabole del tesoro e della perla ci pongono una domanda: Quanto è prezioso per te il Regno di Dio?S. Ambrogio ci risponderebbe: «Cristo è tutto per noi». L’abate San Colombano ammonirebbe: «Siamo di Cristo non di noi stessi».Il Regno è così prezioso, che per esso vale la pena di vendere tutto ciò che si possiede. S. Francesco, che si «spoglia» davanti al padre, è l’icona perfetta della preziosità del Vangelo.Matteo ricorda che prima di comprare il terreno, il tesoro è nascosto. È un’immagine che esprime la fatica di «scavare» in se stessi, nelle profondità del cuore, per avere poi la forza di rinunciare a tutto. Se Cristo è dentro di me, ho già trovato il Regno, questo mi libera da tutti i beni a cui sono attaccato, posso lasciare tutto per il tesoro e per la perla.La parabola della rete è una parabola sul giudizio. La rete è immagine della Chiesa, non è suo compito suo«separare» ma «accogliere». Non esiste la Chiesa composta di soli perfetti; l’antica eresia donatista. È la pericolosa tentazione di trasformare la Chiesa in una setta di perfetti. La Chiesa contiene anche i peccatori, offre loro la possibilità reale della conversione, sarà Dio alla fine che separerà nel suo giusto giudizio. Matteo vuole così ricordare la nostra responsabilità personale.«Avete compreso tutte queste cose?», è la domanda finale a cui segue il detto autobiografico dell’evangelista: «ogni scriba, divenuto discepolo del Regno dei cieli, è simile al padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche». L’evangelista ha saputo «discernere» e da scriba è diventato discepolo del Regno, per questo, possedendo il soro, sa trarre nella sua vita cose nuove e cose antiche.