Quanto è faticoso amare il prossimo
Letture dell’11 luglio, 15ª domenica del Tempo Ordinario: «Questa parola è molto vicina a te, perché tu la metta in pratica» (Dt 30,10-14); «I tuoi giudizi, Signore, dànno gioia» (Salmo 18); «Per mezzo di lui e in vista di lui tutte le cose sono state create» (Col 1,15-20); «Chi é il mio prossimo?» (Lc 10,25-37)
La prima, e lo affermo con una punta di polemica con tanto insegnamento anche di noi preti, che la «Legge Nuova» di Gesù (che si presenta spesso come il cuore dell’annuncio cristiano), non era poi tanto nuova, era già scritta e conosciuta. La seconda cosa che comprendiamo è che riconoscere e cercare di vivere secondo la Parola di Dio non basta. Quando Gesù gli dice «Fa questo e vivrai», il dottore della legge, «volendo gustificarsi» si schermisce con un distinguo: «E chi è il mio prossimo?».
Chi non ha fatto esperienza di questa contraddizione fra il capire dove sta il bene e la fatica di realizzarlo? C’è bisogno di qualcos’altro, c’è bisogno di Uno da seguire, da imitare. Non solo nella mente e nel cuore, ma presente, com’era Gesù che comincia a raccontare quella sconvolgente parabola sulla carità del Samaritano, dello straniero e che costringe il suo interlocutore a riconoscere un nemico come «prossimo».
Lo dice San Paolo. «Per mezzo di lui…, in vista di lui…», tutte le cose sussistono in lui, in lui ogni pienezza (la vita eterna, la felicità, il significato del vivere, la perfezione), per mezzo di lui si riconciliano tutte le cose (trovano il loro centro, la loro proporzione) in lui tutto si rappacifica. Per mezzo del sangue della sua croce, chiarifica, tutto si rappacifica. Lui, non parole scritte o imparate a memoria, non ripetizione di modelli, ma presenza, presenza viva. La legge è un rapporto, nel quale quello che uno comprende, ma a metà, vive, ma non fino in fondo, si vede realizzato, rompe tutti gli schermi di giustificazione e di disperazione che erigeremmo.