Quanto è difficile riconoscere l’intervento di Dio vicino a noi

L’evangelista Marco racconta lo scandalo degli abitanti di Nazaret dinanzi a Gesù che annunzia il Vangelo. È lo scandalo – ci dice il teologo Balthasar – di chi rifiuta con ragioni penultime ciò che con ragioni ultime (che si conoscono molto bene) si dovrebbe accettare.

Gesù torna a Nazaret, dopo aver passato alcuni mesi a Cafarnao ed aver predicato il Vangelo nei villaggi di Galilea.

Qualche tempo prima i suoi parenti, che non riuscivano a comprendere un ministero iniziato a circa trent’anni  (Lc 3,23), avevano tentato di farlo rientrare in famiglia e riprendere il suo dignitoso lavoro di falegname; ma egli non aveva aderito (Mc 3, 20-21).  Ora Gesù ritorna a Nazaret di sua iniziativa. E non vi ritorna solo, ma accompagnato da un gruppo di discepoli.

La incomprensione si manifesta  al sabato,  quando si mette a insegnare nella sinagoga.

A Cafarnao Gesù è stato coinvolto in conflitti drammatici con gli scribi e i farisei, ma non aveva mai avuto problemi con la gente semplice. Ora invece è il popolo, la gente semplice che non  capisce e lo rifiuta.

Infatti,  quando insegna nella sinagoga, i molti che lo ascoltano rimangono stupiti».

Possiamo immaginare i loro pensieri e i loro discorsi: «Noi, Gesù, lo conosciamo bene, fin da piccolo. Siamo una piccola comunità, abbiamo la stessa fede di Abramo,   siamo osservantissimi del sabato e frequentiamo regolarmente la sinagoga.  Abbiamo in comune parenti e conoscenze come «Giacomo, Joses, Giuda, Simone, e le sorelle»«Giacomo, Joses, Giuda, Simone, e le sorelle», cioè le donne  della stessa parentela che vivono con noi; lui, Gesù, è «il figlio del  falegname» (Mt 13,55), lui stesso «falegname».  Non «è il figlio di Maria»?  Maria è una dei noi». Ed ecco: dopo circa trent’anni di vita ordinaria, in un piccolo paese  dove si conosce tutto di tutti, ecco l’imprevisto:  Gesù parla come uno scriba o un dottore della legge, ha una «sapienza superiore»;  e poi, «i prodigi compiuti dalle sue mani?».

Com’è difficile pensare che questo uomo semplice e laborioso, che tutti pensano di conoscere bene perché da anni vive con loro, sia anche tanto diverso da loro, con qualcosa da dire anche ai suoi compaesani!

Gesù – dice Marco – «era per loro motivo di scandalo»: era, cioè, difficoltà e inciampo. 

Quanto è difficile riconoscere l’intervento di Dio in un evento e in una persona che risultano ordinari, vicini, ben conosciuti. Gesù lo sottolinea: «un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».  O crediamo alla presenza di Dio in tutti i momenti della nostra vita, con la conseguenza che nulla è banale e nulla è senza senso; oppure siamo come gli abitanti di Nazaret che rifiutano un Dio che abita il quotidiano.  Dunque, un insegnamento da non dimenticare: tentati come siamo, di aspettarci che Dio  parli attraverso persone e fatti straordinari, dobbiamo credere che  Dio si serve di persone qualsiasi, di gente comune, in cui la fede ci fa riconoscere la sua presenza imprevedibile. L’ospite, il vicino, il malato, lo straniero, l’amico, il prossimo: l’incontro con l’altro diventa  momento di grazia.

«E si meravigliava della loro incredulità». Signore Gesù, liberami dal rifiuto preconcetto, dalla superficialità delle parole, dal calcolo delle  promesse, dall’impazienza dei programmi, dalla pretesa dei risultati, dalla paura di affidarmi totalmente. Vorrei che Tu non ti meravigliassi tristemente della mia incredulità, ma tu esultassi di gioia per il canto di speranza  acceso dallo Spirito Santo nella mia povera vita!

*Cardinale