Quando pregate, dite: «Padre nostro…»
Di fronte alla domanda di uno dei discepoli di insegnare loro a pregare, Gesù ha detto di pregare con quella stupenda invocazione al Padre che noi conosciamo. È una preghiera? Certamente. È solo una preghiera? Direi proprio di no, nel senso che non è solo una richiesta o, almeno, che non lo è in modo prevalente, come noi crediamo che debba essere ogni preghiera. Infatti, va ben oltre il chiedere a Dio che ci risolva, Lui onnipotente, i problemi, le difficoltà che da soli non riusciamo a sciogliere o a sostenere. Non avendo spazio per commentare il «Padre nostro», fermo la mia attenzione su alcuni particolari dell’intero brano evangelico. I punti su cui mi soffermo sono questi: la richiesta del discepolo, la preghiera insegnata da Gesù, l’importanza dell’insistenza nella preghiera, l’esaudimento del Padre.
Primo. Un discepolo, evidentemente impressionato di come ha visto pregare Gesù, gli chiede di insegnare, anche a loro, a pregare. Ciò significa che per quel discepolo la preghiera è importante. Noi, sentiamo il bisogno di pregare? Quando? Quando abbiamo bisogno di qualcuno che ci «dia» una mano perché uscire da quella situazione esigerebbe un miracolo? E se non ottenessimo, ci convinceremo che la preghiera è inutile? Abbiamo mai pensato di pregare quando ci troviamo di fronte ad un bellissimo panorama, (l’immensità del mare, la bellezza dei fiori), a un evento pauroso e meraviglioso insieme (come le esplosioni vulcaniche dell’Etna), a realtà umane belle (il sorriso dei bambini), e drammatiche (la tragedia della guerra, l’infinita folla degli emarginati della vita)? Abbiamo mai ringraziato Dio per quello che siamo, per averci reso suoi Figli?
La preghiera di Gesù. È una «perla» dell’insegnamento del Maestro che merita di essere conosciuta, approfondita, meditata, gustata, pregata con calma da soli, magari leggendo commenti di persone sante che ci hanno conquistato con la loro fede e il loro modo di pregare. Mi limito a fare una breve riflessione sulla prima parola «Padre». Rivolgersi a Dio chiamandolo Padre, è la chiave per comprendere l’essenza non solo della preghiera che ci ha insegnato Gesù, ma della preghiera in sé, della sua essenza. Non anteporre a ogni preghiera la parola «Padre», o non sentirne in profondità dentro di noi la sua Presenza, sarebbe distruggere la preghiera in quanto tale perché non sapremmo più a Chi ci rivolgiamo. Chi è il Dio a cui ci rivolgiamo? È il Padre, il «Babbino mio», di Gesù, è l’amore per essenza, nel senso che in Lui non c’è altro che amore e misericordia. Quando aggiungiamo che «però il Padre è anche giusto», lo facciamo perché per noi la giustizia è qualcosa di diverso dall’amore. Miopi che siamo! Un limite della nostra conoscenza e della nostra capacità di amare, ci fa oscurare la verità più certa che abbiamo circa l’essenza di Dio: Dio è amore, è solo e soltanto amore, null’altro che amore per tutti, anche per chi gli avesse voltato le spalle. E’ Amore per te, per me, per i nostri cari, per tutti gli uomini indistintamente. Chiunque, pertanto, può rivolgersi a Lui Amore che altro non donerà che non sia amore! Come la sorgente di montagna non può dare che acqua, e non certamente vino, a chiunque si avvicini a essa, così chi si accosta a Dio Padre, non riceverà altro che Amore. Basterebbe questa parola per sostenere anche la più lunga delle nostre preghiere.
Gesù ci dice poi di insistere nella preghiera non perché otterremo certamente quello che chiediamo e che secondo noi è bene, ma avremo in cambio «Dio stesso Amore», lo Spirito Santo! Lo Spirito Santo che, assicurandoci di essere comunque nelle mani e nel cuore di Dio, è «la risposta» a ogni nostra richiesta. Chiedere e insistere nel chiedere è importante, ma non per ottenere quello che chiediamo, ma per renderci consapevoli della nostra povertà e della fiducia che mettiamo in Dio Padre e nel suo Dono.
Abbiamo mai fatto esperienza della preghiera di abbandono? Partecipando oggi alla Messa, pensiamo che stiamo facendo un’immersione profonda nella Passione e Morte di Gesù, segno vivo dell’amore di Dio Padre per noi e per tutti. Se viviamo l’abbandono, d’ora in poi pregheremo meglio.