Quando la vita è divinizzata

Letture del 21 maggio 6ª domenica di Pasqua: «Anche sui pagani si effonde il dono dello Spirito Santo» (At 10,25-27.34-35.44-48); «Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia» (Salmo 97); «Dio é amore» (1 Gv 4,7-10); «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,9-17)DI CARLO STANCARIDio è amore e il Signore Gesù è venuto a renderci partecipi della vita divina: l’amore (Vangelo). Noi dunque dobbiamo vivere della vita che Egli ci dà continuamente attraverso la sua Parola e il suo Corpo donato. L’allegoria della vigna ce lo ricordava già domenica scorsa. Gesù riceve il suo amore dal Padre e ci fa vivere in questo amore come dentro un ambiente vitale. Se vogliamo amare come il Padre (che è generante vita) e come il Figlio (che dà vita), la nostra vita ecclesiale deve essere immersa nell’amore che trova la sua origine in Lui. È questo che ci dà la capacità di dare a nostra volta la vita per i fratelli e le sorelle; si tratta di amarci gli uni gli altri fino al dono totale (ma questa reciprocità e disponibilità è rivolta alla intera famiglia umana e addirittura a tutte le creature, anche quelle che non se lo meritano). Ricordandoci che non c’è amore vero senza fedeltà alla volontà del Padre. Questa è la condizione necessaria per imparare ad amare come il Cristo e per conoscerlo. Dio si conosce amando alla maniera di Dio, come Gesù ci indicato; è la grande lezione che ci viene dalla testimonianza dei Santi di tutti i tempi. E anche chi non conosce Dio, non lo sa nominare o addirittura crede di combatterlo, se ama, in realtà conosce Dio. E un giorno (cfr.: Mt 25) trasalirà di stupore e di gioia. È necessario accogliere l’amore preveniente che viene da Dio: è Lui che prende l’iniziativa (noi siamo gli «amatissimi» da Dio), che ci sceglie, che ci vuole viventi della sua vita. Non è il nostro amore che ci avvicina a Dio, ma è la presenza di Dio in noi che ci permette di amare. Il frutto che portiamo viene da Lui, e al tempo stesso questo frutto è il segno della fedeltà della nostra fede. Ma è Lui l’«azionista di maggioranza» della nostra avventura umana e cristiana. La gloria è tutta e solo di Dio, anche per le opere buone che eventualmente compiamo.Con l’episodio del battesimo di Cornelio (prima lettura), la Chiesa incontra e si apre ai pagani; è così che gli Apostoli adagio adagio scoprono il progetto di Dio: la salvezza offerta a tutti mediante la fede in Cristo Gesù.

Lo Spirito è all’opera nel mondo; con la sua azione deborda largamente dai nostri limiti umani e dalle nostre vedute; l’amore di Dio non si ferma di fronte a nessuna cultura né ad alcuna frontiera (Pietro ci ricorda: «Dio non fa preferenza di persone»). Ad ogni uomo o donna che abbiano il cuore aperto, Egli dona vita (seconda lettura). Amare e vivere: è un tutt’uno. Amare è donare la vita. Amandoci, Dio fa di noi dei figli Suoi, chiamati ad assomigliarGli e a continuare con Lui la sua stessa azione salvifica. E se Gesù ci è stato donato, è perché con Lui, per mezzo di Lui e in Lui noi abbiamo vita.

I Padri d’Oriente parlano di «vita divinizzata», cioè di una qualità di esistenza segnata dalla presenza dell’indicibile Iddio, che però si è detto in Gesù Suo Figlio. La nostra esistenza conformata a Gesù è così trasformata, non nella straordinarietà dei segni, ma nella intensità dell’amore gratuito e contemplativo con cui viviamo tutte le relazioni e gli incontri.

La condivisione fraterna della Parola e del Pane di vita (e di tutte le altre pratiche di pietà) faccia di noi dei viventi, dei portatori di quell’amore che noi per primi abbiamo ricevuto. Alla fine della vita saremo giudicati sull’amore. Chiediamo nella preghiera di oggi che la Chiesa intera sia il luogo dove si fa l’esperienza dell’essere accolti e amati, incondizionatamente. È questa testimonianza – esperienza che genera gioia e speranza per tutti.