Purificarsi da ciò che contamina
Questa esigenza di purezza, di mondezza interiore, nell’economia deuteronomica, veniva soddisfatta con l’osservanza scrupolosa della Legge. Il che era vero, non foss’altro che per le rinunce che imponeva, attraverso i riti di purificazione che richiamavano il trasgressore alla gravità della sua colpa. Tuttavia la tradizione extrabiblica, la dottrina dei soferim, o rabbini aveva portato Israele a dare peso eccessivo a gesti di una lavanda simbolica più magico-sacrale che moralmente impegnativa (prima lettura).
La Lettera di Giacomo parla di religione pura, che non si accontenta di abluzioni rituali, residuato della vita nomade, vissuta da Israele nelle steppe dell’Haram, ma nel «conservarsi puri da questo mondo» (seconda lettura).
Marco, per la delizia della sua chiesa ellenistico-romana, si è quasi divertito ad inventariare quella colluvie di pratiche purificatorie, che un lettore o ascoltatore moderno stenta a prendere sul serio. Lo fa per dare maggior risalto a uno dei detti, o loghia di Gesù che avevano colpito più profondamente i suoi ascoltatori. I discepoli avevano capito che li faceva entrare in un orizzonte senza confini predefiniti, con l’invito ad interiorizzare tutto di sé, in una maniera assolutamente sconosciuta ai maestri della legge di Mosè. Questi maestri, come era prevedibile, s’intesero contestare, su di un punto fondamentale del loro insegnamento; per cui avrebbero reagito, prima o poi, con estrema durezza. Anche oggi, i loro successori non hanno difficoltà ad ammettere che Gesù, con questo atteggiamento nei confronti della purità legale, si è attirato quella odiosità, da parte dei signori del tempio, che lo hanno portato alla morte (terza lettura).
Ad essere sinceri del tutto, dovrebbero ammettere che i motivi più veri dell’ostilità del sinedrio non furono questi delle abluzioni rituali o della sua valutazione personale del sabato, ma la rivelazione della paternità-maternità di Dio e dell’universalismo delle sue premure per l’umanità, da cui doveva scaturire la fraternità altrettanto universale dell’amore fra di noi. Questo risultava assai più strano e inaccettabile alle loro convinzioni religiose.
Intanto, noi stessi,che ci onoriamo di seguire il suo Messaggio di Salvezza, non sempre siamo disposti a superare quel perbenismo che spesso fa da copertura a concessioni inconfessabili. È assai meno costosa l’osservanza di pratiche religiose che possono convivere tranquillamente con difetti e colpe più o meno gravi, che un impegno serio e costante per la sequela di Cristo, dove si richiede di non lasciarsi in nessun modo trainare dalle seduzioni di una civiltà ricca d’incantesimi, fiera di un permissivismo e garantismo che tendono ipocritamente a tacitare ogni severo richiamo della coscienza.
«Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo». Ma se in quel luogo intimo, che è in ciascuno di noi, venisse ad abitare Cristo, anche da quel luogo interno, anzi proprio da quello, verrebbero fuori cose buone, perché dall’abbondanza del cuore parla la lingua: da quell’abbondanza che deriva direttamente dalla pienezza di Lui.