Più importante del silenzio

Letture del 20 luglio, 16ª domenica del tempo ordinario: «Radunerò il resto delle mie pecore, costituirò sopra di esse pastori» (Ger 23,1-6); «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla» (Salmo 22); «Egli é la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo» (Ef 2,13-18); «Erano come pecore senza pastore» (Mc 6,30-34)

di Sandro SpinelliLa liturgia in queste ultime domeniche ha mostrato la perfetta identità tra la missione di Cristo qui sulla terra e la missione che Egli stesso affida ai Suoi discepoli che Marco oggi chiama Apostoli. Apostolo è infatti il titolo che giustifica la loro attività.

• Perfetta identità rilevabile nell’unicità del progetto: quello del Padre, quello cioè di voler salvare tutti gli uomini;

• perfetta identità rilevabile nella medesima metodologia: la condivisione col fratello di ogni circostanza della vita…;

• perfetta identità rilevabile nella stessa passione, quella che anima Cristo Signore e i suoi amici; • ma anche ugual fatica, per cui Gesù li invita: «venite con me in un luogo solitario e riposatevi un po’!» (Mc 6, 30-34).

Gesù aveva inviato i dodici – a due a due -; ora, tornati dalla loro prima missione pubblica, raccontano al Maestro cos’è loro accaduto e quanto loro avevano fatto. Loro hanno predicato, essi hanno richiamato i fratelli alla conversione, hanno scacciato demoni, hanno anche provveduto ai malati, ai bisognosi…, insomma la loro missione era riuscita; molta gente li ha pure seguiti… Ma così al Signore non va bene! Allora Gesù li invita al silenzio, alla solitudine, a stare soli con Lui. Mi par di notare in questo invito a sostare col Signore la sana preoccupazione di voler aiutare gli Apostoli – e quindi anche noi – a comprendere che solo Dio compie prodigi…; ai discepoli è chiesto di stare con Gesù. Questo stare con Gesù è l’origine, il compimento e lo stupore che segue ogni miracolo! Così li invita a riprendere il contatto con la sorgente della vita divina, con l’origine della missione, con Lui, con Dio stesso. Insomma, vuol far comprendere loro che tutto l’accaduto non trova la sua preziosità in quanto «fatto ed insegnato» da loro, ma nel fatto che la salvezza si diffonde tramite il loro «fare ed insegnare»… ma è opera di Dio. Gesù è paziente e intende portare anche noi a riflettere e a far decantare tutto il nostro «fare» affinché appaia che tutto è compiuto dal Signore; è Dio che cambia la storia.

Insomma, che la terra ritorni ad essere il Paradiso che il Buon Dio aveva creato non è l’esito del nostro attivismo, ma dell’affermarsi della presenza del Signore tra gli uomini – che avviene anche grazie al nostro lavoro. Ossia, l’apostolato non è primariamente opera umana, bensì è primariamente opera divina. Quindi quello spazio di silenzio, di riposo, di solitudine è proposto da Gesù perché trovò necessario ricentrare tutte le ragioni del loro/nostro operare. Pitagora (il filosofo dell’antica Grecia) insegnava ai suoi discepoli che il sapiente non rompe mai il silenzio se non per qualcosa più importante del silenzio stesso. È questo qualcosa di più importante del silenzio stesso che Gesù intende insegnare ai Suoi apostoli nel tempo del riposo proposto. Quando però la mente, il cuore, la vita intera del discepolo è centrato, ossia è consapevole d’essere uno strumento nelle mani del Signore, è consapevole di servire con tutta la personale genialità, grandezza, forza ecc. al progetto buono di Dio, allora… (ecco la seconda riflessione): Gesù e gli apostoli s’imbarcano verso il luogo del riposo, ma la folla intercetta il loro itinerario e li attende all’arrivo. Ora il Signore è ad un bivio: stare con i discepoli stanchi e…, oppure interessarsi di quelle persone che lo attendono allo sbarco?

Non c’è ombra di esitazione nell’agire di Cristo Gesù; è inequivocabile la decisione che prende; non vince lo scontento, né l’irritazione per un progetto andato a vuoto; prevale la misericordia; Egli «si commosse per loro perché erano come pecore senza pastore…, e si mise ad insegnare loro…». Intuisce il vuoto che quegli uomini sperimentano proprio perché non hanno guide che li sappiano illuminare, sostenere, guidare…, e allora si lascia coinvolgere dall’abbraccio di quella folla sbandata. A questa folla Egli darà anche da mangiare (domenica prossima); ora li sazia donando il significato, il sapore alla vita, la giusta direzione per non andare alla deriva e/o essere vittima della paura. E gli Apostoli? Mi è prezioso affermare che il riposo dei Suoi amici (ed anche il mio personale), più che essere riferito ad un luogo, consiste nella possibilità di stare accanto ad un maestro, al Maestro. Il nostro riposo è la possibilità di stare con Lui, di godere della Sua compagnia; è la possibilità di essere ammessi a partecipare della Sua esistenza… e del Suo progetto.

La seconda riflessione, allora, s’origina da ciò che Cristo fece appena li vide: si commosse! Dico: fece, perché commozione non indica un sentimento – seppur profondo -, né una reazione emotiva – come generalmente è inteso questo termine -. Si commosse dice un’operatività, dice un’azione, dice che Cristo si con-mosse, si mosse-con… ossia camminò con loro dentro il bisogno che la folla mostrava e vi si dedicò. Questa concretezza, questa mobilitazione, questa passione lo struggeva…. Era la volontà del Padre – e solo questa – che Cristo intendeva perseguire. Per essa era pronto a consumare ogni brandello delle energie, delle forze che aveva…, era pronto a consumare la Sua vita.