Pentecoste: con il dono dello spirito si realizza la piena comunione fra Dio e l’uomo

Letture di domenica 11 maggio, Pentecoste: «Furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare» (At 2,1-11); «Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra» (Salmo 103); «Tutti siamo satti battezzati in un solo spirito per formare un solo corpo» (1 Cor 12,3-7.12-13); «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi: ricevete lo Spirito Santo» (Gv 20,19-23)

DI MARCO PRATESI

La Pentecoste ebraica era la festa del dono della legge sul Sinai e dell’istituzione dell’alleanza tra Dio e Israele. Nella sua descrizione della Pentecoste, Luca richiama anche quell’episodio (Esodo 19, lettura della liturgia vigiliare).

Alla base di tutto sta la decisione divina di manifestarsi, di farsi conoscere a Israele in modo personale. Non come semplice forza cosmica, ma come qualcuno che entra nella storia. Presupposto di tale rivelazione è questo: «Voi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come vi ho sollevato su ali di aquila e vi ho fatti venire fino a me». Senza questa manifestazione nella storia, il Dio dell’alleanza non avrebbe volto. A chiarire il significato di tale esperienza si aggiunge la parola. Mosè ha precisamente il ruolo di intermediario, di profeta, colui che è in grado di cogliere la Parola di Dio e trasmetterla con fedeltà al popolo. Egli parla e Dio risponde.

Grazie a questa rivelazione, fatta di eventi e parole, è possibile interpretare correttamente gli stessi segni cosmici che fanno parte della teofania al Sinai (tempesta, fuoco, tuoni, rombo). Essi non sono più semplici manifestazioni della potenza divina, come nelle religioni naturali, ma molto più precisamente di un Dio che desidera entrare in relazione con l’uomo e che scende a concludere con lui un patto.

Perché esso possa aver luogo, occorre una legge, un terreno comune che sia oggetto di accordo: «se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli». Per la stipulazione dell’alleanza occorre dunque che tale volontà si manifesti precisamente, e che ciascuno dei contraenti assuma i corrispondenti impegni e vi rimanga fedele. L’alleanza presuppone una conoscenza particolare, unica, delle vie di Dio da parte di Israele: non ad ogni gente egli ha manifestato così i suoi pensieri (cf. Sal 147,20).

A sua volta la fedeltà all’alleanza apre ad Israele una ulteriore prossimità con Dio (e una missione nei confronti dei popoli). Rimanendo fedele alla volontà di Dio, Israele diventerà un popolo che ha una speciale relazione con Dio rispetto agli altri: “voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. In forza dell’alleanza, diviene popolo sacerdotale, consacrato in modo speciale al servizio di Dio. Questa comunione singolare tra Dio e il popolo si attua tramite l’osservanza della legge, che viene pertanto ad essere la mediazione attraverso la quale si realizza la vocazione di Israele, e dunque si apre la via della salvezza.La fede apostolica scopre nel mistero pasquale di Gesù il sigillo della rivelazione e il vertice dell’alleanza, e nel suo Spirito la mediazione essenziale della salvezza. Persona divina Egli stesso e Legge della nuova alleanza, lo Spirito realizza la comunione tra Dio e l’uomo, formando il nuovo regno sacerdotale, fatto prossimo non più all’antico monte tempestoso, ma alla stessa Gerusalemme del cielo. Dono immenso, responsabilità grande, mistero che getta nello stupore e nell’invocazione: «Vieni, Spirito Santo!».

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