Non pensiamo a Gesù come a un fantasma

Da questa settimana, i commenti alle letture domenicali sono curati dal cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito di Firenze. Con l’occasione ringraziamo le suore contemplative Domenicane del monastero di S. Maria della Neve e S. Domenico a Pratovecchio, in Casentino, che per un anno e mezzo (dal tempo di Avvento del 2013) hanno offerto ai nostri lettori questo servizio. Chi volesse conoscere più da vicino la coomunità può trovare informazioni sul sito www.monasterodomenicane.org Luca – è l’ultima pagina del suo Vangelo – racconta l’apparizione del Risorto «agli Undici e a quelli che erano con loro». La racconta anche a noi, a ciascuno di noi, che partecipiamo all’Eucaristia.

La scena si apre con l’iniziativa di Cristo: «mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse “Pace a voi!”». È quanto avviene ogni domenica allorché la comunità cristiana si raccoglie per l’Eucaristia, dove «è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua Carne vivificata e vivificante nello Spirito Santo, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire se stessi insieme a Lui» (Concilio Vaticano II, Decreto Presbyterorum ordinis, sul ministero e la vita sacerdotale, n.5). 

I discepoli erano pieni di paura e credevano di vedere un fantasma. Noi, forse, non siamo  pieni di paura, ma rimaniamo superficiali dinanzi al mistero della Pasqua. Non pensiamo a Gesù come ad un fantasma, ma dobbiamo chiederci se crediamo davvero che Gesù è risorto, è vivo, è presente, è qui con noi, soprattutto quando celebriamo l’Eucaristia e ci ripete: «Io sono la via, la verità e la vita!»

La risurrezione di Gesù è un mistero di salvezza che supera la pura verificabilità apologetica. La risurrezione è da sperimentare nell’impegno di vivere la fede credendo alle Scritture e alla testimonianza della Chiesa.

I discepoli, che all’inizio restano sostanzialmente incapaci di riconoscere il Signore,  sono invitati a fare esperienze concrete: «Guardate le mie mani e i miei piedi», «toccatemi»: «datemi qualcosa da mangiare».

Con questa ricerca di concretezza e di sperimentazione si arriva a comprendere il valore di quel «sono proprio io!». 

La narrazione è  un invito a scoprire nella storia i segni della presenza del Signore.  Quelle parole di Gesù «guardate», «toccate», «mangiate» diventano di una attualità sconcertante ed insieme presentano un ineludibile impegno per noi che vogliamo incontrare e riconoscere il Risorto.  Gesù ci ha avvertito: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»: in ciascuno di loro sono proprio io!

Spesso pensiamo di «conoscere» abbastanza Gesù. Ma l’apostolo Giovanni scrive: «Chi dice: “Lo conosco”, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità».  Ma allora, non sono anch’io un bugiardo?  Voglio ripetere, con appassionata convinzione, le parole del padre del giovane epilettico indemoniato: «Credo; aiuta la mia incredulità!» .

Alla iniziativa del Cristo e al nostro riconoscimento segue – verrebbe fatto di dire «necessariamente» – il dato fondamentale della missione: «di questo voi siete testimoni». Ha detto il Papa Paolo VI: «è impensabile che un uomo abbia accolto la Parola e si sia dato al Regno, senza diventare uno che a sua volta testimonia e annunzia».

Che Gesù è risorto e che abita la nostra storia possono dirlo ad ogni umanità concreta che incontrano coloro che per via della risurrezione sperano contro ogni speranza e amano concretamente i fratelli con un amore che è risposta ad un amore ben più grande che hanno già ricevuto.Quando risuona la Parola, quando mi è mostrato il Pane e il Vino consacrati, quando mi impegno ad amare e servire i fratelli, specialmente quelli che sono più poveri e abbandonati, lo Spirito fa palpitare nel mio intimo più profondo la voce di Gesù: Non sono un fantasma, sono proprio io, in persona!

*Cardinale, arcivescovo emerito di Firenze