Nessuna patria può rinchiudere Gesù
La dichiarazione di Gesù nella sinagoga di Nazareth chiudeva, domenica scorsa, la pagina del Vangelo di Luca: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Oggi la frase è ripresa, perché riflettiamo sulle reazioni della gente di Nazareth.
La prima reazione: ammirazione e meraviglia. Segue un movimento di perplessità e delusione. Infine scoppia l’irritazione e la violenza rabbiosa. La distanza psicologica dei sentimenti e delle reazioni fa pensare anche ad una distanza cronologica: Luca, in altre parole, inserirebbe nel contesto della prima visita a Nazareth, elementi desunti da una seconda e, forse, da una terza visita di Gesù al suo paese.
I pensieri dei nazaretani – compagni d’infanzia, amici di gioventù, clienti che fino a poco prima avevano richiesto le sue prestazioni di lavoro, uomini e donne che avevano pregato con lui nella sinagoga – sono espressi da Gesù con un proverbio popolare: «Medico, cura te stesso»: sei stato bravo con la gente di altre città, fai vedere la tua bravura anche a noi tuoi compaesani!
Gesù risponde citando due episodi della vita dei profeti: quello della vedova e del profeta Elia (1Re 17) e l’altro del lebbroso Naamàn e del profeta Eliseo (2Re 5). Le due citazioni su Elia e Eliseo – i due profeti costretti a cercare altrove quella fede che il popolo eletto non voleva offrire a Dio – non servirono certo a svelenire l’atmosfera. Gli abitanti di Nazareth vogliono chiudere Gesù nei limiti angusti del loro paese, della loro esperienza («quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria»), mentre Gesù squarcia l’orizzonte chiuso dei suoi concittadini e apre anche agli stranieri, alle città pagane. Ma a Nazareth, l’«altrove» divino è soffocato. Per Nazareth Gesù è pietra di scandalo, meglio eliminarlo («lo condussero sul ciglio del monte … per gettarlo giù»).
«Nessuna patria può pensare che il figlio del falegname le appartenga. Nessuna sinagoga, nessuna Chiesa può rinchiudere in se stessa Gesù. I popoli santi – l’antico Israele o il nuovo popolo dei battezzati – devono continuamente convertirsi per camminare verso quei luoghi sempre nuovi dove Gesù vuol compiere il miracolo dell’umanità rinnovata» (Bessière).
*Cardinale