Nella casa di Nazareth vediamo cos’è la famiglia
La domenica fra l’ottava di Natale o, in mancanza, il giorno 31 dicembre, la liturgia c’invita a riflettere sulla Famiglia, additandoci come modello quella di Nazareth. L’argomento è attualissimo: essa ha come fondamento il sacramento del matrimonio, che è un patto che vincola un uomo e una donna, i quali s’impegnano davanti a Dio a donarsi reciprocamente per tutti i giorni che sarà dato loro di trascorrere su questa terra, vivendo l’uno per l’altro, ed ambedue per i figli, se il Signore glieli vorrà donare (vedi Gaudium et Spes, nn. 40-52). La nostra società ha invece visto pubblicizzare e spesso prevalere modelli di unioni contrastanti con i principi cristiani, ed ora si cerca di equiparare al matrimonio altre forme di convivenza tra due persone, perfino trascurando il requisito della eterosessualità, e di tutelare dette forme con l’attribuzione degli effetti giuridici del matrimonio stesso: ovviamente, la legislazione civile non aggiunge né toglie nulla alla sacralità della famiglia cristiana, ma può appannarne la visibilità.
In questo terzo anno del ciclo domenicale, l’Anno C, la pericope tratta dal Vangelo secondo Luca (terza lettura), e quella tratta dalle prime pagine del Primo Libro di Samuele, che abbiamo incontrato all’inizio della Liturgia della Parola (prima lettura), e che ci fornisce la chiave di lettura del Vangelo, ci presentano l’una Maria e Giuseppe che portano al Tempio Gesù adolescente, e l’altra Elkana ed Anna che portano al Tempio il Profeta Samuele, ancora bambino. I due episodi hanno per protagonisti tanto i fanciulli che le rispettive madri. Samuele è stato implorato dalla madre Anna, sino a quel momento sterile, ed essa, colma di riconoscenza per il dono ricevuto, lo offre a Dio; Gesù ha dodici anni, e pertanto è giunto il momento di confermare la sua appartenenza al Popolo eletto, facendolo riconoscere dai Sacerdoti come bar-mitzvah, come «figlio della legge», titolare di tutti i diritti e i doveri di un ebreo adulto.