Meglio convertirsi all’ultimo momento che fare proclami e non mantenerli
Domenica 28 settembre, 26ª Domenica del Tempo ordinario: «Se l’ingiusto desiste dalla sua ingiustizia, egli fa vivere se stesso» (Ez 18,25-28); «Ricordati, o Dio, del tuo amore» (Salmo 24); «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo gesù» (Fil 2,1-11); «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio» (Mt 21,28-32)
Il vero problema etico è fare o non fare la volontà di Dio. I programmi, i convegni le inchieste, l’eloquenza, la pubblicità se hanno il consapevole fine di approfondire la volontà di Dio sono cose buone, diversamente sono cembali sonanti che non giovano a nessuno. Israele purtroppo continuava a considerarsi il popolo eletto anche quando non camminava più secondo il disegno di Dio.
Vangelo: Quello che conta è l’obbedienza.
La parabola sui due figli il primo dei quali promette obbedienza e poi non la fa, mentre il secondo la nega a parole ma poi la esegue, con la sua conclusione sugli scribi e farisei, contiene due insegnamenti che per altro risultano da tutto il Vangelo:
a) Una conversione tardiva è migliore di una autogiustificazione che pensa di non avere bisogno di nessuna conversione. Gesù è venuto a guarire non i sani ma gli ammalati (Mt 9, 12). Senza contare che è per lo meno imprudente programmare la conversione tardiva perché è una grazia prima che un nostro programma, e dalla quale saremo sempre più lontani nella misura delle volte che l’abbiamo rifiutata.
b) Bisogna distinguere attentamente tra dire e fare. A volte si fanno pie riflessioni davanti a Dio con le quali si pensa di avere fatto abbastanza, giustificazioni di noi stessi senza sottoporre chiaramente la nostra coscienza ad altri e ci si inganna. Ed è così che spesso si danno comportamenti contraddittori in persone oppure guardiamoci bene dal fondare le nostre decisioni su giudizi che magari nella cultura del momento vanno per la maggiore, ma rimangono sabbia se non sono sostenuti dalla parola di Dio.
Le vie della vita sono spesso confuse. Spesso ci si perde in esperienze lontane da Dio e come il primio figlio di cui si parla nella parabola che dice no all’invito di Gesù. Però, essendoci stata la chiamata di Dio, lontano da Lui non si può essere tranquilli. Nel male si mormora contro di Lui come Israele: “Non è retto il modo di agire del Signore” (Ez 18, 25). Nello stesso tempo però c’è una grande ansia di ritornare a Lui. Così sarà accaduto alla peccatrice che si prostra ai piedi di Gesù (Lc 7), o al ladrone che si converte sulla croce. L’evento di una conversione anche tardiva è così importante per il Signore che dimentica ciò che è avvenuto prima e dona inizio ad una nuova vita. Ed è così che i pubblicani e le prostitute possono passare avanti a colui che pensa di non avere bisogno di conversione.