Meditazioni d’estate. Commenti al Vangelo per le domeniche d’agosto
I commenti alle letture della Messa per le domeniche d’agosto e per la solennità dell’Assunzione di Maria al cielosono curati, quest’anno, da due donne: Carla Tilli, fiorentina, incaricata regionale del settore adulti di Azione Cattolica, e Maria Meucci, di Terranuova Bracciolini, già Presidente diocesana dell’Azione Cattolica di Arezzo-Cortona-Sansepolcro.
A noi, che per uno strano privilegio non viviamo in Africa, che senso può avere la fame e la sete? Anche allora però, malgrado la recente divisione dei pani e dei pesci, la folla non capisce molto e continua a chiedere segni, anzi opere..! Attento come sempre ai bisogni reali delle persone, Gesù cerca di adeguarsi alla loro esperienza quotidiana ma è anche consapevole che di ben altro pane e acqua la persona ha necessità per essere felice e vivere in pienezza.
A noi che cerchiamo affannosamente di saziare i nostri desideri passando da un cellulare all’altro, con l’ipod che versa musica ininterrotta nei nostri orecchi, con la mente già rivolta ad aprire internet per collegarsi con il mondo, di che cosa ci parla questo Rabbi di Nazareth nel proporre se stesso come meta fondante e soluzione di tutti i nostri mali? Il pane, per dieta, ne possiamo mangiare ben poco e l’acqua rappresenta solo il peso delle bottiglie da scaricare dall’auto dopo la spesa al super. Nella nostra autosufficienza crediamo di poterci pagare e appagare le nostre varie «seti» e non sappiamo forse neppure più chiedere da bere (se non quando siamo costretti in qualche letto di ospedale). Lui, invece, non si è vergognato di chiedere da bere ad una Samaritana qualsiasi dando così inizio ad una grande possibilità di salvezza. Il bello è che insiste ancora oggi nel proporsi come Colui che dà la vita al mondo. Cos’è che da vita agli anni e anni alla vita? Proviamo a pensarci.
«Chi crede ha la vita eterna». Non è una promessa vaga rivolta al futuro: è una realtà fin da adesso. Non è caparra, o accumulo di «punti paradiso» di cui fare scorta in previsione del domani o meglio dell’aldilà: è condizione per assaporare fin d’ora le gioie messe a disposizione gratuita per noi credenti. Ma fino a che punto crediamo in questo «corpo» donato? Una carne donata
Certo che questo Gesù non è per niente «spirituale», non parla di visioni angeliche ma della ‘ciccia’ del suo corpo ed un corpo che sarà martoriato e ferito. Ferito poi ci rimarrà fino alla fine dei tempi per essere un Dio con noi, in mezzo a noi umanità ferita, per farci comprendere che Lui ha amato e ama totalmente anche le nostre fragilità e ferite. Anzi le ferite (le sue come le nostre) talvolta sono il passaggio, la «feritoia» che può servire per farci crescere e credere. Basta non fermarsi alle apparenze, alla superficie della storia ed anche dei nostri eventi personali. Quando ci viene chiesto a nostra volta di fare un piccolo o grande dono del proprio «corpo» ma non per venderlo o mostrarlo o farne comunque un idolo, ma perché attraverso questo possa passare il dono dell’ascolto, della prossimità, dell’accoglienza, del perdono. È la nostra piccola parte in questa incommensurabile comunione offerta da Cristo tramite la Chiesa di cui a nostra volta ci rendiamo partecipi. Infatti la mensa eucaristica non è un tavolino squallido a 2 posti (io e Lui) ma è partecipazione ad un banchetto celeste dove tutti, proprio tutti sono invitati. E scusate se è poco ..!
Luca ci descrive la fretta di Maria di comunicare la gioia, di godere insieme ad Elisabetta del meraviglioso dono dell’incarnazione del Messia nel suo grembo e della miracolosa maternità di Elisabetta. Maria loda il Signore ed «esulta», perché si sente amata, prediletta e ci ricorda la logica di Dio che sceglie gli umili, gli insignificanti agli occhi umani, ma preziosi agli occhi di Dio che guarda il cuore. È la stessa logica della Madonna apparsa a Guadalupe, a Lourdes, a Fatima e in tanti altri luoghi a persone povere, semplici, ma capaci di accogliere con fedeltà eroica i suoi messaggi.
Maria rivela di saper leggere il passato e il presente del suo popolo e il compimento delle promesse di Dio che sono «per sempre», perché la misericordia di Dio è eterna e universale. Maria «si affretta» e poi rimane con Elisabetta «circa tre mesi» per esserle vicina nell’ultima fase della sua gravidanza e forse assisterla nel parto; gioia, amore, servizio sono tre componenti caratteristiche del cristiano. Ma l’Assunzione ci ricorda la morte della Madonna (o la «dormizione» come alcuni la definiscono) e la sua accoglienza in cielo. Come tanti artisti, mi piace immaginare Gesù che viene incontro alla sua Mamma e l’accompagna in Paradiso dove le fanno festa il Padre, lo Spirito Santo e le schiere degli angeli, dei santi e dei beati. Quando penso alla mia morte e a quella degli altri mi raccomando alla Madonna perché con Gesù ci prenda per mano e ci accompagni «all’altra riva». Auguri a tutte le donne che si chiamano Assunta!
Sempre al presente! Gesù parla sempre dell’oggi: mangiate, bevete, per avere in voi la vita adesso!! Quanto sangue per le nostre strade, quanti incidenti sul lavoro, quante violenze. Allora ci rendiamo conto (magari per una foto sul giornale o in tele) com’è silenziosa ma inesorabile questa fuoriuscita di sangue che in un rivolo si allontana da un corpo ormai esangue. Al contrario questo calice di vita che ci è offerto vale più di cento vitamine: un surplus di energia e di quella che non si acquista, ci viene data gratis . O meglio: ha già pagato Lui tutto in anticipo!
Ma forse proprio perché è lì sempre a disposizione, tutti i giorni (non solo le domenica e feste «comandate») ormai ci abbiamo fatto l’abitudine e non ci sconvolge più la vita.
Cos’è per noi il nostro partecipare alla Messa? Quando va bene la spostiamo per comodità al sabato pomeriggio (nel periodo invernale perché d’estate c’è il mare) perché la domenica mattina si deve accompagnare i figli alle varie partite di allenamento oppure i pranzi da preparare ecc
Ammesso che ci andiamo (i lettori di Toscanaoggi almeno!) come ci prepariamo a quest’Incontro? Come sono le nostre liturgie? E, a questo punto non iniziamo con il solito «scaricabarile» sul sacerdote che non sa parlare bene, sui canti sfiatati, sulle facce tristi: sediamo a quella mensa e la festa è tale se è partecipata da tutti ed ognuno porta il suo contributo di allegria, dolore, calore, strette di mano, e magari abbracci. Diceva don Tonino Bello che la nostra Chiesa è la Chiesa dell’altare sempre a disposizione dove chiunque può sedersi: sia il peccatore pentito, lo sconosciuto, il pellegrino, il clandestino, almeno fino ad oggi
«Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» La può ascoltare chi ha sete d’infinito, chi ha il cuore puro come il musulmano turco Antonio che nella scuola cranica non trovava le risposte ai suoi interrogativi esistenziali, ma, entrato per caso nella chiesa cattolica del suo paese al momento della consacrazione, ha voluto saperne di più di questo Dio che si dona in cibo e bevanda agli uomini. Da lì è iniziata la sua conversione al cattolicesimo che poi lo ha portato addirittura alla vocazione sacerdotale.
«Le parole che io vi ho detto sono spirito e vita». Noi crediamo, Signore, ma Tu aumenta la nostra fede, perché è vacillante, si stanca presto, non sa resistere all’usura del quotidiano, dell’indifferenza, della solitudine, dei dolori fisici e morali, delle preoccupazioni di ogni genere.
«Molti tornarono indietro e non andarono più con Lui». Quando ci si accontenta dell’ascolto superficiale della Parola e non si ha la pazienza di cercare di capire in profondità quando ci sembra che essa non risponda ai nostri bisogni immediati, si trovano mille scuse per non continuare a seguire Gesù e il magistero della Chiesa.
«Volete andarvene anche voi?» Il Signore ci provoca con una domanda diretta: rispetta le nostre scelte, anche se sbagliate, anche se sa che dopo averlo abbandonato saremo insoddisfatti, scontenti, infelici.
Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu sei il Santo di Dio». Molti di noi, penso, hanno provato dubbi, delusioni, incertezze nel cammino di fede, ma quanto ci ha aiutato il pregare con le stesse parole di Pietro, il riprendere in mano la Parola di Dio e il ritrovarci le tante testimonianze dell’amore di Dio per noi, quell’amore che è dono completo di sé sulla Croce e nell’Eucaristia.
«Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me». Sono parole terribili, perché ci mettono di fronte alla nostra preghiera spesso fatta di parole ripetute meccanicamente, distrattamente, mentre il pensiero va alle cose fatte o da fare, alle persone incontrate o da incontrare, da qualche impressione ricevuta attraverso la TV o da altre cose futili. È invece tanto bello prepararsi alla preghiera chiedendo al Signore luce per gli occhi del cuore per cercare di mettere la nostra vita alla presenza di Dio lasciandoci illuminare dallo Spirito che ci aiuta a fare discernimento su noi, sugli altri, sugli eventi secondo il cuore di Dio e non condizionati dal nostro egoismo, dal rispetto umano e da tutti i «propositi di male» che ci portiamo dentro: «impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza». Purtroppo ci vengono quasi imposti tanti modelli negativi che impersonano questo o quel vizio menzionati da Gesù che non ci facciamo più caso e così non ci curiamo di esaminarci per estirparli, perché sono come le cattive erbe: né la zappa, né il diserbante riescono a distruggerle. Solo con l’aiuto di Dio possiamo dominare le nostre cattive tendenze.
«Beati i puri di cuore». Chi sono? Sono coloro che fanno unità tra fede e vita, cioè i Santi che hanno lottato contro il peccato con tutte le loro forze. Chiediamo al Signore che, attraverso il sacramento della Penitenza e l’aiuto della Sua grazia, possiamo riconoscere e combattere questi frutti del male dentro di noi con la preghiera profonda e con il sacrificio per purificare il nostro cuore ed essere capaci di accogliere lo Spirito che produce amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, felicità, mitezza, dominio di sé (Gal. 5,22)