L’oggi di Gesù trasforma l’oggi del povero
1. Ogni Teofilo, che vuol dire «amato da Dio» e tutti lo sono, è chiamato a entrare nella Scrittura lucana che può essere paragonata al giardino dell’in principio, luogo in cui Dio in Cristo passeggia con l’uomo raccontandogli buone notizie (Lc 4,18) e suonandogli la dolce musica del flauto (Lc 7,32). Un camminare fianco a fianco con le sue soste, oggi a Nazaret.
2. Osserviamone il movimento: l’itinerante Gesù (Lc 4,14-15) giunge a Nazaret, qui secondo il suo solito entra di sabato nella sinagoga, si alza a leggere e tiene l’omelia.
Atti 13,15 informa che era questa l’ossatura della liturgia sinagogale sabbatica: alla lettura di un brano della Legge succedeva, sempre a voce alta, la lettura di un testo complementare dei profeti a cui seguiva l’esortazione. Quel sabato toccava a Gesù, di cui si dice che era sua consuetudine la fedeltà settimanale alla comune liturgia, una ripetitività a ricordare che è nel tempo e nello spazio del solito e dell’ordinario che la novità si fa incontrare. Nel suo caso nella pericope profetica di Isaia 61,1-2 e 58,6, che al suo cuore suona così: oggi questa Scrittura si è adempiuta nei vostri orecchi, in me Gesù adesso da avvio a un oggi storico non solo in termini di promessa ma di adempimento.
Un lieto annuncio per l’orecchio dei poveri, di quanti cioè aspettavano e aspettano con fiducia l’anno di grazia del Signore, il suo venire a guarire l’uomo dalle sue molteplici prigioni, cecità e oppressioni (Mt 11,28-30).
3. A questo punto l’attenzione si sposta sugli uditori, su noi e su quanti oggi ascoltano la sua omelia. Con quali occhi lo guardiamo? «Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui», e con quali orecchi lo ascoltiamo? Non resta che lo sguardo e l’udito teologali del povero che nella fiducia, nella speranza e nell’amore apre se stesso al dono di liberazione che gli proviene da «JHWH salva» (Mt 1,21; 3,16), al dono della luce – illuminazione che gli proviene da «Io sono la Luce» (Gv 8,12) e al dono del sollievo che gli proviene dall’«Io sono Risorto» (Mt11,29). Ove ciò accade lì l’oggi del Signore trasforma l’oggi dei suoi poveri e, come già al tempo di Neemia, «Il popolo che porgeva l’orecchio piangeva, mentre ascoltava le parole della Legge». Lacrime di gioia.