L’assente presente

Già il titolo dato al commento del brano di vangelo che si proclama nella liturgia eucaristica di oggi, ci dice quanto sia complesso parlare dell’ Ascensione del Signore. Infatti, affermare che un assente è presente è una contraddizione nei termini stessi che si usano. La stessa contraddizione, d’altronde, si nota anche nell’immagine che viene usata da Luca che ci parla di un distacco di Gesù verso il cielo, però noi sappiamo che Egli rimane con noi fino alla fine del mondo. Perché, allora, queste apparenti contraddizioni? Per il semplice motivo che noi ci troviamo a parlare di realtà celesti con un linguaggio terrestre perché siamo terrestri. L’unico linguaggio con cui potremmo parlare di ciò che appartiene a Dio, è abbandonare il nostro linguaggio e, quindi, rimanere in silenzio. Sì! È il silenzio che più ci avvicina a Dio perché il silenzio ci apre alla contemplazione e fa sì che comprendiamo meglio Dio, ma anche gli altri,  più che con qualunque parola. Non è forse vero che la migliore conoscenza dell’altro corre sulla corda dell’amore? E non è forse vero che l’amore è comunione di vita che va ben oltre le parole e trova la sua espressione migliore in un silenzio «accogliente l’altro»?

Mi scuso di questa «strana» introduzione al commento di oggi ma credo che di questo ci dobbiamo ricordare ogni volta che parliamo di Dio e delle sue opere. Opere che possiamo descrivere nella loro concretezza, ma che sfuggono ad una nostra piena comprensione e, pertanto, anche a chiare espressioni verbali o iconiche. Ma andiamo oltre e cerchiamo di comprendere, per quanto ci è possibile cosa significa, che Gesù di Nazareth, il Crocifisso, è «asceso al cielo»? Se seguiamo il brano del vangelo di Luca sull’ascensione, ben diverso da quello che lo stesso Luca scrive all’inizio dell’altro suo libretto degli Atti degli Apostoli, ci rendiamo conto che l’Ascensione è strettamente legata alla Risurrezione. Luca, infatti, pone in un giorno (la Domenica?) la scoperta della tomba vuota, la manifestazione del Risorto alle donne, la visita di Pietro al sepolcro, la manifestazione del Pellegrino ai discepoli di Emmaus, l’affermazione degli Undici «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Pietro!», la manifestazione del Signore nel luogo dove gli Undici erano riuniti, – li  rassicura di essere proprio lui (il crocifisso), apre la loro mente alla comprensione delle Scritture, affida loro la missione di predicare a tutti i popoli la conversione e la remissione dei peccati -, l’ascensione al cielo mentre li benedice e, infine, il ritorno degli Undici a Gerusalemme colmi di gioia e la loro permanenza nel tempio. Tutto ciò significa che, terminata la vicenda terrena, Gesù entra nel mondo di Dio lasciando agli apostoli il compito di predicare la salvezza a tutti gli uomini, dopo che avranno ricevuto «colui che il Padre mio mi ha promesso (lo Spirito Santo), che vi rivestirà di potenza dall’alto».

Per comprendere ancora meglio il mistero dell’Ascensione, mi sembra illuminante quanto Benedetto XVI scrive nel secondo volume del suo Gesù di Nazareth a pagina 314.

«Il Gesù che si congeda non va da qualche parte su un astro lontano. Egli entra nella comunione di vita e di potere con il Dio vivente, nella situazione di superiorità di Dio su ogni spazialità. Per questo non è “andato via”, ma, in virtù dello stesso potere di Dio, è ora presente accanto a noi e per noi. Nei discorsi di addio nel Vangelo di Giovanni. Gesù dice proprio questo ai suoi discepoli: “Vado e vengo a voi” (14,18). Qui è meravigliosamente sintetizzata la peculiarità dell’”andare via” di Gesù, che al contempo è il suo “venire”, e con ciò è anche spiegato il mistero riguardante la croce, la risurrezione e l’ascensione».

Gesù, quindi, è rientrato nella «invisibilità» di Dio. Ma come Dio si fa conoscere attraverso «segni», oggi, quale «segno» fa conoscere al mondo la meravigliosa opera di salvezza dell’uomo e del cosmo compiuta da Gesù crocifisso e risorto? Il segno è la Chiesa, la comunità di coloro che affermano di credere in Lui. Tra questi ci sono anch’io. Chi mi vede, chi mi incontra, chi mi ascolta, chi con me percorre un tratto della sua esistenza, chi conosce il mio modo di vivere, riconosce in me tratti dell’umanità di Gesù? E’ importante che io creda che Gesù vive nella Chiesa e in me, ma è altrettanto importante che chi non crede, vedendo il nostro/mio stile di vita sia attratto a conoscere, amare e seguire Gesù. Gesù assicura la sua presenza «nei suoi» perché «i suoi» la significhino e la partecipino a tutti. È il dono e il compito insito nel mistero dell’Ascensione del Signore!