L’amministratore astuto ci insegna l’uso dei soldi
Diceva Gesù ai suoi discepoli: c’era un uomo ricco che aveva un amministratore e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi…
È la parabola dell’amministratore disonesto; meglio chiamarla dell’amministratore astuto, perché l’insegnamento di Gesù focalizza proprio questo aspetto dell’amministratore: accorto, avveduto, calcolatore e pronto, abile a rimediare la sua situazione. Si direbbe: machiavellico.
È una delle parabole più conturbanti, se vengono fraintese; va dunque intesa bene. E svolge il rapporto che il discepolo di Gesù deve tenere nei confronti della ricchezza. Quel male con cui si può fare tanto bene. E però, dipende dall’uso che se ne fa. Perfino l’iniqua ricchezza può essere messa a servizio del bene, se utilizzata per farsi amici nel cielo. C’è un amministratore che è accusato di rovinare il patrimonio del suo padrone. Deve rendere conto e subito sarà licenziato. Presto corre ai ripari. In un soliloquio vaglia le vie d’uscita: non posso zappare, è troppo faticoso per me; non mi va di andare ad elemosinare, è troppo umiliante per me. Formula, così, un piano d’azione. Disonesto per disonesto, lo è fino in fondo. Ormai non ha più nulla da perdere. Chiama i debitori e se li fa amici, così domani lo accoglieranno in casa loro. Ad uno che deve al padrone 100 barili d’olio dice: prendi la ricevuta e scrivi 50. Ad un altro che deve al padrone 100 misure di grano, dice: prendi la ricevuta e scrivi 80. Ingenti sconti. Ingente furto. A scapito del padrone, il quale, venuto a sapere il tutto, loda quell’amministratore disonesto, perché ha agito con scaltrezza.
Ecco, qui sta il nocciolo della parabola, il cuore dell’insegnamento. L’amministratore agisce da «fronimos» (dice il testo greco), un vocabolo che indica la lucidità di chi avverte la gravità della situazione; la prontezza nell’affrontarla e il coraggio di attuarla. E il nostro amministratore è munito di tutte e tre queste qualità. È il modo in cui ha agito, l’impegno che ci ha messo, la sollecitudine con cui ha preso le sue drastiche decisioni, questo (!) il padrone (Gesù!) elogia. Ma aggiunge con amarezza: purtroppo i figli delle tenebre nei loro affari sono molto più solleciti e scaltri dei figli della luce, che non sono così risoluti e pronti e avveduti.
Gesù comanda di farsi degli amici con le opere buone, usando per il bene l’iniqua ricchezza. La ricchezza è detta iniqua perché accumulata malamente, sfruttando gli altri (ingiusta all’origine); o iniqua perché strumento per opprimere gli altri (iniqua nell’uso). L’insegnamento di Gesù si conclude con una massima quanto mai incisiva, lapidaria, che continene un trattato sull’uso dei soldi. Nessuno può servire (rendersi schiavo di) due padroni, fra loro decisamente opposti e contrari, assolutamente diversi: Dio e la ricchezza. Se uno imposta la vita tutta e unicamente sull’accumulare ricchezza, inevitabilmente cancella Dio dal proprio vivere, pensare, operare. Se la ricchezza diventa un idolo, che fagocita mente e cuore, corpo e anima, energie e volontà, tutto (tutto!) il resto conta più nulla: né Dio, né la coscienza, né gli affetti più cari, né i legami più stretti. Ma questo è il fallimento estremo, perché la morte strapperà tutto. Perché solo le nostre opere ci accompagneranno. Fatevi degli amici con la ricchezza, anche se disonesta. Usatela bene!
*Sacerdote cappuccino