L’accumulo di beni

XVIII domenica del Tempo Ordinario. «Gesù disse alla folla: guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» (Luca 12,15)

DI BENITO MARCONCINIDurante il viaggio dalla Galilea verso Gerusalemme, ampiamente descritto da Luca in una decina di capitoli, Gesù ammaestra, esorta, consola. Uno tra la gente chiede a Gesù di farsi giudice nei confronti del fratello che rifiuta di dargli la parte di eredità. Il maestro, mentre non accetta di entrare in questioni estranee alla sua missione, ritrova nella cupidigia l’origine delle discordie e la causa di deludenti aspettative. La cupidigia è l’aspirazione a possedere sempre di più, è la bramosia incontenibile di accumulare denaro che non appaga, né soddisfa l’uomo: tranquillità e sicurezza non dipendono dai beni materiali. Essa si rivela in azioni concrete di accumulo (pleonexia), alimentato da una spinta interiore al possesso (epithumia). La parabola, riportata oggi, del proprietario terriero, al quale la morte improvvisa sottrae gli abbondanti raccolti a favore degli eredi, ne è un’efficace illustrazione: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita». (Lc 12,19). La stoltezza dell’accumulo resta, anche se uno gode a lungo dei beni. La morte improvvisa del ricco rende evidente una situazione dannosa a lungo nascosta. L’accumulo eccessivo, fonte spesso di ingiustizia e di discordia, è già insicurezza, implica la condanna, perché «non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12,21), come invece succederebbe se si distribuisse ai poveri (Lc 12,33).

Quando il risparmio è lodevole previdenza e quando diventa cupidigia? Gesù non indica una quantità, sempre relativa alle condizioni di ciascuno: altro è la responsabilità di un genitore verso i figli, altro è la condizione del singolo. Per tutti la parola di Gesù è un richiamo ad esaminare le aspirazioni, a verificare la propria situazione alla luce della Parola, a prendere decisioni. L’importante è cambiare il giudizio sul denaro: può essere buon servitore, se aiuta la comunione, diventa dominatore (idolatria) se ritenuto fonte di sicurezza e di tranquillità.