La ricchezza: una benedizione ma anche un pericolo

Letture del 30 settembre, 26ª domenica del Tempo ordinario: «Voi che vi date a vita dissoluta, andrete in esilio» (Am 6, 1.4-7); «Beati i poveri in spirito» (Salmo145); «Conserva irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore» (1 Tm 6, 11-16); «In vita tu hai ricevuto beni e Lazzaro mali; ora lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti» (Lc 16, 19-31)

DI BRUNO FREDIANI

Da sempre esistono povertà e ricchezza e la loro esistenza ha suscitato sempre problemi e interrogativi. La Bibbia vede spesso la ricchezza come segno della benedizione di Dio e la povertà come un castigo. Ma c’è anche tutta una linea profetica che culmina nel «Guai a voi, ricchi» di Gesù e che vede nella ricchezza il pericolo dell’autosufficienza, dell’allontanamento da Dio e della insensibilità verso il prossimo, e nel «Beati i poveri», perché hanno una posizione privilegiata di fronte a Dio, sono guardati da Lui con predilezione, a loro per primi è rivolta la buona novella e a loro in particolare è destinato il regno dei cieli.

Ad una lettura superficiale della parabola del ricco e del povero Lazzaro, si potrebbe pensare che il cielo sia il semplice capovolgimento della terra e che la nostra situazione economica determinerà da sola la nostra condizione eterna.

Lazzaro è portato nel seno di Abramo solo perché è povero; il racconto non fa alcun riferimento alle sue virtù. Il ricco non è descritto come un «cattivo»; non è accusato di aver derubato Lazzaro, di averlo maltrattato o sfruttato, né di avergli rifiutato l’elemosina. Semplicemente non l’ha visto.Il ricco non vede il povero! Il povero non si nota. Si può passare la vita intera senza vedere i poveri e senza pensare a loro.

Ma le conseguenze sono terribili: chiunque non ha visto il povero in questa vita, non lo vedrà mai nell’altra. Chi non ha mai frequentato, accolto, amato il povero quaggiù, non lo incontrerà lassù. La distanza che ha messo tra il povero e sé, però, l’ha messa tra Dio e sé. Il regno di Dio è dei poveri e chi si separa da loro si separa da Dio.

Il ricco si danna per un peccato di omissione che per lui è quasi naturale, tanto diffuso tra i ricchi che si fa fatica a scoprirlo.

Il messaggio della parabola si rivolge proprio ai ricchi, per sottrarli al loro accecamento e alla loro incoscienza: la loro vita, apparentemente incosciente, li prepara ad un futuro terrificante.

Il loro indurimento è tale che Abramo afferma che anche l’apparizione di un morto è incapace di metterli sull’avviso.

La ricchezza non solo nasconde loro la miseria degli altri, ma li rende ciechi anche rispetto alla fragilità della loro condizione. Restano insensibili alla Parola di Dio che rivela la loro impressionante follia.

Per convertirsi chiedono segni eccezionali, come la risurrezione di un morto, ma questo segno è già dato: Gesù morto e risorto ci dice che la vera vita, offerta a tutti, vince la morte e i suoi tormenti.

I ricchi si sono affrettati ad acquistare alcune «assicurazioni religiose»: si sono fatti battezzare, cresimare, comunicare, confessare, si sono sposati in chiesa, hanno ricevuto l’unzione degli infermi… ma hanno dimenticato l’essenziale: in cielo ci vanno solo i poveri!

Se non lo colmano subito, i ricchi troveranno nell’al di là quell’abisso che hanno scavato sulla terra. Possono chiamare i poveri in loro aiuto, ma lo devono fare ora, perché dopo è troppo tardi.