La Pentecoste: il tragitto si compie
1. Il senso di un tragitto si compie: il disceso alla terra, l’innalzato in croce e l’asceso al cielo effonde il suo Spirito, il senza volto unicamente leggibile nelle tracce che lascia a cui alludono le molteplici immagini partorite dal linguaggio umano: colomba-nube-acqua-fuoco-vento-iconografo interiore-maestro interiore-respiro e altro ancora. Immagini le cui tracce o frutti rimandano al nesso inscindibile Spirito-vita. Lo Spirito colomba che plana sulla creatura e come nube la avvolge è all’uomo arido, spento e insipiente acqua che lo fa fiorire, fuoco che lo rende incandescente e vento apportatore di semi di saggezza. È presenza interiore che disegna l’essere a similitudine di Cristo iniziandolo alla conoscenza profonda del suo Vangelo. Spirito pertanto uguale a principio di novità, a generazione dell’inedito sotto il sole: l’uomo a immagine del Signore Gesù e, aggiungiamo, la società a immagine della Trinità, una e distinta nella libertà, nell’amore e nella reciprocità. Questo è lo Spirito che il Padre alita a Pentecoste tramite il Risorto dando avvio alla nuova creazione chiamata ad un esistere contrassegnato da un respiro «santo», cioè altro. Al respiro fisico che dà vita fisiologica e al respiro culturale che dà vita sapiente, e «sapienza è poco sapere, niente potere, molto sapore» (Roland Barthes), si aggiunge il Respiro santo che dà figura al cristiforme e al deiforme facendolo emergere dalla deformità. Capire questo è cogliere bene il nesso Signore-Spirito-uomo convertendolo in preghiera: il «Vieni Signore Gesù» è in vista del «Vieni santo Spirito», e quest’ultimo è in vista dell’«uomo vieni alla luce» a misura dell’«Ecco l’uomo» (Gv 19,5), il Cristo. Il Padre dona alla terra il Figlio, il Figlio dona alla terra lo Spirito, lo Spirito dona alla terra l’uomo nuovo, umanissimo, al contempo adoratore del cielo e amante alla follia della terra.
2. È all’interno di questa ottica di novità che vanno lette le pagine evangelica e paolina. Il giorno della sua stessa resurrezione il Vivente appare ai suoi adempiendo su di essi un gesto singolare: «Alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito santo» (Gv 20,22). Gesto che rimanda alla prima creazione (Gen 2,7; Sap 15,11), gesto che inaugura la nuova creazione, gesto che indica il posto e il ruolo dello Spirito donato. Egli è costitutivamente l’«interposto», il «posto tra» generando «relazioni di pace tra»: sta tra il Padre e il Figlio come legame d’amore tra i due; sta in noi spingendoci con il suo soffio verso rapporti filiali con il Padre, amicali con il Signore Gesù, fraterni tra uomo e uomo e nazione e nazione, custodi nei confronti del creato e eterni nei confronti della morte. Lo Spirito invera in noi e tra di noi la parola del Risorto: «Pace a voi» (Gv 20,19.21), una riconciliazione a tutto campo affidata alla litania mai conclusa dei perdoni: «Rimettete i peccati» (Gv 20,23), abitate il perdono attraverso il quale Dio ritesse giorno dopo giorno la trama ferita della pace, di quella unità resa possibile ai «battezzati in un solo Spirito agli abbeverati a un solo Spirito» (1Cor 12,13), a coloro che leggono se stessi e ciò che hanno come dono dello Spirito per la edificazione della casa comune.
Il messaggio è chiaro e domanda attenzione per essere intuito e accolto in un cuore semplice e laudativo: l’amore del Padre contemplato nella benevolenza del Figlio si consuma nella effusione di uno Spirito uguale a rugiada che dischiude l’essere al « versus» dall’«adversus», all’atto cioè dell’accoglienza non condizionata dell’altro (1Cor 12,13) nell’atto del dono incondizionato di sé all’altro sempre aperto al perdono. Questo modo di abitare la terra nel ringraziamento per averlo compreso è la traccia dell’esserci e del passaggio dello Spirito.