La passione d’amore si è fatta carne
«Se egli è disceso sulla terra, è per compassione per il genere umano. Sì, egli ha sofferto le nostre sofferenze prima anche di aver sofferto la croce, prima di aver assunto la nostra carne. Perché, se egli non avesse sofferto, non sarebbe venuto a condividere con noi la vita umana. Prima ha sofferto, poi è disceso. Ma qual è questa passione che egli ha sentito per noi? È la passione d’amore».
Questo testo di Origene è la spiegazione più chiara del mistero del Natale, una venuta unicamente comprensibile nell’orizzonte dell’amore. Chi ama soffre e Dio che è Amore patisce nel vedere il dolore del mondo, una passione d’amore che lo spinge nel Figlio, nel suo libero «eccomi» (Eb 10,5-10), a condividere la condizione degli amati nella forma fragile, debole e mortale degli amati. A questa placida contemplazione ci immergono le letture della notte, dell’aurora e del giorno delle Messe di Natale. Ascoltiamo: «È apparsa la grazia di Dio» (Tt 2,11), «la bontà di Dio » e «il suo amore per gli uomini» (Tt 3,4) in un indifeso Bambino che nasce fuori casa, al margine (Lc 2,7), bambino che a occhi veggenti è donato come «salvatore» (Lc 2,11), come Verbo fatto carne (Gv 1,14) e come «irradiazione» della sostanziale verità di Dio (Eb 1,3) che consiste nell’essere dedizione incondizionata all’uomo nella mitezza, nell’umiltà (Mt 11,29) e nella spoliazione (Fil 2,6-8) fino a morirne.
E nell’oggi dei pastori vi è il nostro oggi: «L’angelo disse loro: “Non temete : ecco, vi annuncio una grande gioia oggi è nato per voi un salvatore. Questo per voi è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”» (Lc 2,10-12). Vi è il nostro andare a vedere iniziati a una ineffabile e stupita conoscenza che diventa racconto (Lc 2,15-18), narrazione di una «apparizione» che riempie di allegrezza e di meraviglia: in quel bambino inerme Dio si dice come non paura a nessuno, come non padrone di nessuno e come ultimo a predilezione degli ultimi, felice di poter dire a ogni creatura che egli è passione d’amore unicamente preoccupato del bene dell’uomo. E nella rivelazione di questa immagine alta e bella di Dio sta la ragione prima della venuta del Figlio.
Luce partorita da una donna, Maria la Madre di Dio, «nato da donna, nato sotto la legge» (Gal 4,4) e dimorante nella casa di quella donna e di Giuseppe come bambino che suscita interrogativi (Lc 2,20) e che «cresce in sapienza, età e grazia», sottomesso all’ascolto che fa fiorire (Lc 2,51-52). Questo ci dice la Santa Famiglia, la casa della Luce donata da Maria come benedizione di Dio ai pellegrini dell’assoluto, ai mendicanti di grazia e di pace (Nm 6,22-27) a cui Gesù è veramente il «Signore salva». E il mistero di Maria diventa il mistero della Chiesa, delle assemblee che celebrano e di ciascuno: chiamati a divenire come Gerusalemme (Is 60,1-6), e come Maria che ne è la personificazione, «città di luce», poli di attrazione per i mendicanti di Senso, luoghi entrare nei quali è «vedere la Luce», il «Sole che viene dall’alto a dirigere i nostri passi sulla via della pace» (Lc 1,78-79). Sole riflesso di una passione d’amore venuta a generare i figli della pace, i riconciliati con il Padre, l’altro, l’acqua e la vita eterna. Sole che vuole nascere in noi e attraverso di noi nella compagnia degli uomini. Divenire dimora e madre del Sole, Theotókos, è la nostra segreta vocazione, è partorire la Compassione al mondo attesa dal mondo. E questa è la seconda grande ragione della sua venuta, dal seno del Padre al grembo di una madre e nel nostro profondo, nella nostra stalla per trasformarla in figli a tutti icona della tenerezza forte di Dio. A sua immagine.