LA parola di Dio ci chiede ascolto perseverante e annuncio coraggioso
13 luglio, 15ª domenica del Tempo Ordinario: «La pioggia fa germogliare la terra» (Is 55,10-11); «Visita la terra, Signore, e benedici i suoi germogli» (Salmo 64); «La creazione attende la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8,18-23); «Il seminatore uscì a seminare» (Mt 13,1-23)
DI MARCO PRATESI
«La mia Parola è come la pioggia». Il famoso passo di Isaia ci ricorda che la Parola di Dio non è detta mai a vuoto: ciò che Dio dice si realizza comunque. Evidentemente, la situazione del popolo in esilio, al quale il profeta si rivolge, è tale da non lasciare molto spazio alla speranza. La Parola di Dio rischia di essere presa per una pia illusione. Non diversamente da oggi, e da sempre. Ma non è così. La Parola che Dio ha pronunziato mediante il profeta si avvererà certamente. «Sì, voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace», si legge nel versetto immediatamente successivo alla nostra pericope.
L’accostamento con la parabola del seminatore, proposta nella liturgia odierna, può risultare fuorviante. Qui non si guarda alle disposizioni umane ma alla volontà divina: la salvezza si compirà comunque, per la forza intrinseca della Parola. Certo, questo richiede di essere creduto, c’è anche un appello alla conversione (55,6-8). La pioggia dà seme e pane. Sono i due estremi del processo: dalla semina al pane, in mezzo c’è tutta la fatica del lavoro dell’uomo (cf. 2Cor 9,10). Rimane tuttavia che la realizzazione del piano di Dio non dipende dalla risposta dell’uomo: niente è in grado di annullarlo. «La tua parola, Signore, è stabile come il cielo» (Sal 119,89).
La pioggia scende dal cielo e vi torna, e così pure la Parola. Essa viene a noi ed entra nella storia, eventualmente «decodificata», captata dal profeta. La Parola efficace non è principalmente quella del Profeta, ma quella di Dio. La parola profetica, e più in generale rivelativa, è – se autentica – specchio di quella Parola che esce dalla bocca di Dio, agisce nella storia, per tornare infine a Dio. Il suo ritorno a Dio è ugualmente importante, poiché quanto non trova approdo in Dio finisce nel nulla. Una parola che non torni a Dio è semplicemente fiato che si perde nel niente, come una navicella oramai abbandonata nello spazio. Dio è principio e fine, tutto parte da lui e sfocia in lui, trovando la sua collocazione definitiva in rapporto a lui. In Dio la Parola nasce dal silenzio, da esso esce come Parola (ri)creatrice, e torna al silenzio come approdo e pienezza definitiva. Il cosmo intero, e la sua storia, è compreso in questo «viaggio di andata e ritorno» della Parola.
Perciò l’uomo non può vivere «di solo pane» (cf. Dt 8,3; Mt 4,4; Lc 4,4): senza la Parola egli sarebbe semplicemente sopraffatto dalle varie forze che agiscono nella storia, nell’impossibilità di scorgervi qualsiasi progetto complessivamente positivo.
Il veggente dell’Apocalisse contemplerà la cavalcata vittoriosa della Parola nella storia (cf. Ap 19,11-16). Dobbiamo avere il coraggio della Parola, coraggio che si traduce in: ascolto e annuncio. Un ascolto perseverante e un annuncio coraggioso della Parola portano certamente alla fruttificazione abbondante, secondo la chiamata, dei germi di bene celati nei solchi della nostra terra.
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