La morte come salvezza

DI GIACOMO BABINI Vescovo emerito di Grosseto22 marzo, 4ª Domenica di Quaresima. Dalla morte punizione alla morte salvezza. Il capovolgimento avviene nella passione e resurrezione di Gesù. Tutto questo però deve essere accolto dentro di noi come verità e criterio col quale scegliere la sola luce che può dissipare il buio di questo mondo. Vangelo: «Chi non crede è già giudicato»Il Vangelo ci dà l’opportunità di rivedere in questo tempo di penitenza la nostra concezione del giudizio divino. L’espressione decisiva è che chi disprezza l’amore di Dio giudica se stesso. Dio non ha nessun interesse a giudicare l’uomo; egli è puro amore che arriva al punto di dare per amore il Figlio suo all’umanità. Tutta la questione è se noi accettiamo questo amore, così che esso possa dimostrarsi in noi efficace e fecondo, o se ci nascondiamo davanti alla sua luce nelle nostre tenebre. Allora «odiamo la luce», odiamo il vero amore e affermiamo il nostro egoismo in una qualche forma (anche 1’amore puramente sensibile è egoismo). E in tal modo noi siamo «già giudicati», non da Dio ma da noi stessi. Nicodemo va da Gesù di notte, perché ha paura di rivelarsi come suo simpatizzante davanti agli altri giudei. Dunque la notte di Nicodemo non è solo esterna, ma anche interiore. La sua paura è il suo buio. Per questo Gesù esorta a venire alla luce, a rinascere. Quando un bambino esce dal grembo materno «viene alla luce». Così per l’uomo, rinascere è iniziare a credere e condividere lo scandalo della vita di Gesù che sarà innalzato nella croce. II Lettura: «Fare le buone opere che Dio ha preparato in precedenza per noi»La seconda lettura evidenzia ancora una volta il «grande amore» di Dio per noi peccatori, poiché ci ha risuscitati insieme con Cristo e ci ha dato un posto nel cielo. Non ci siamo conquistati da noi stessi questo posto, ci è stato donato per amore e grazia di Dio. E tuttavia non diventiamo automaticamente partecipi della vita eterna, ma dobbiamo appropriarci questo dono che Dio ci fa assieme alle nostre «buone opere». Ora anche queste buone opere non abbiamo bisogno di cercarle faticosamente; significa che Dio «le ha preparate per noi in anticipo»: ce le mostra mediante la nostra coscienza, mediante la sua rivelazione, mediante la Chiesa, mediante i nostri prossimi come occasione di scegliere in conformità dell’amore divino. Può essere che l’esecuzione di queste opere preparate in anticipo ci costi qualcosa, ma dobbiamo sentire che il superamento a noi richiesto è un’altra volta una grazia offerta dall’amore di Dio il quale ci consente anche in occasioni difficili di operare in pace e gratitudine. Tutto sta nel sapere se di fronte alla visione luminosa della fede sappiamo serenamente accettare oppure se vogliamo invece sceglierle di nostro gusto, se patteggiamo con la nostra ombra per non esporci troppo. I Lettura: Bisogno del perdonoLa prima lettura è la realistica lettura di un lungo periodo della storia di Israele, dimentico di tutto e vissuto in autonomia. Addirittura colpevole di avere irriso i richiami del Signore e disprezzato i suoi profeti: restava quale unica via d’uscita l’annientamento totale di Gerusalemme e la deportazione in Babilonia. Nonostante la colpa, il destino del popolo non è alla fine: l’esilio ha un termine, c’è la prospettiva di un salvatore terreno, il re Ciro, che quale strumento della provvidenza di Dio permette ai deportati il ritorno. Siamo ancora nell’Antica Alleanza, poiché la grazia di Dio non è ancora «consumata». Rinnoviamo ed offriamo nell’Eucarestia ogni giorno il sacrificio della croce e speriamo che alla fine anche i più induriti si rendano conto di quanti segni di bellezza, di bontà hanno potuto vedere per le vie di questo mondo, e soprattutto della grazia di avere conosciuto Gesù. Al contrario, per chi rimane impermeabile alla grazia, le tenebre crescono in misura esponenziale dentro di lui come una malattia maligna. La possibilità della salvezza, ci dice Gesù, non sarà mai troppo lontana: può accadere come sul Calvario che due subiscono lo stesso supplizio: uno ha il coraggio di chiedere perdono uno invece no.