La festa del Sangue che ci ha redenti

Letture di domenica 18 giugno, Solennità del Corpo e Sangue di Cristo: «Ecco il sangue dell’alleanza» (Es 24,3-8); «Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza» (Eb 9, 11-15); «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti» (Mc 14,12-16. 22-26.

DI BERNARDINO BORDOLa festività odierna non intende nascondere il suo taglio devozionale, dovuto alla pietà cristiana del medio evo, ma si richiama direttamente alla celebrazione del Giovedì Santo.

La preparazione liturgica dell’epoca non era in grado di soddisfare tutte le esigenze emotive dei fedeli, per cui si ritenne opportuna l’istituzione di una specifica solennità del «Corpus Domini». La recente riforma liturgica, oltre che completare il titolo, nella dizione di Corpo e Sangue di Cristo, ha offerto, in questo Anno B una significativa accentuazione sul suo Sangue,come prezzo della redenzione dell’umanità.

L’episodio biblico dell’alleanza del Sinai presenta ancora uno scenario dove il rapporto con Dio ha bisogno di saldarsi col sangue di animali (prima lettura). Dal giorno in cui l’annuncio evangelico ha rivelato che Dio è Padre e tutti gli uomini sono suoi figli, si è capito che non occorreva più il sangue «dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca». Sarebbe stato versato il «sangue di Cristo», unico «mediatore di una nuova alleanza» (seconda lettura).

Il fedele dei nostri giorni, e non solo il non cristiano, stenta non poco ad entrare nell’ottica evangelica di una redenzione dell’umanità, volta anzitutto alla liberazione dalle forze del male, presenti nell’uomo stesso: l’egoismo, la smania dell’affermazione a tutti i costi, le continue spinte alla violenza. Oltre quelle esterne.

Stenta ancora di più a convincersi che Dio non abbia avuto altre scelte, per attuare il suo progetto di Salvezza, che sacrificare il proprio Figlio.

Eppure è lo stesso Figlio che ce lo dichiara: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti» (Vangelo). Gli scrittori ispirati del Nuovo Testamento, in particolare Paolo e Giovanni riconoscono, in questo gesto divinamente paradossale (autentica e arcana rivelazione dell’«insipienza di Dio»), la misura sconfinata del suo amore per gli uomini, per ciascuno di noi, «redenti a caro prezzo».

Se ci ha redenti è segno che eravamo schiavi: schiavi di una schiavitù talmente connaturata in noi, da non permetterci più di sentirci tali, incapaci di aspirare «alla libertà di figli di Dio».

Se il prezzo è stato così alto, è segno che quella schiavitù era talmente bassa, così mortificante, da non concederci più nemmeno la capacità di vedere in quale baratro ci avesse fatto precipitare.

La pietà cristiana di oggi, anzi la vita eucaristica delle nostre comunità, alimentandosi alla fonte della Parola che diventa «pane di Vita», come ci ricorda questa Solennità, può aggiungere al fervore sincero dei primi tempi dell’istituzione la ricchezza dei contenuti biblici che la calano sempre più efficacemente nel vissuto di ogni giorno.