La chiamata di Gesù arriva quando meno ce l’aspettiamo

Letture del 26 gennaio, 3ª domenica del tempo ordinario: «I Niniviti si convertirono dalla loro condotta malvagia» (Gio 3,1-5.10); «Fammi conoscere, Signore, le tue vie» (Salmo 24); «Passa la scena di questo mondo» (1 Cor 7,29-31» (Convertitevi e credete al vangelo) «Mc 1,14-20»

DI ANGELO SILEIAnche oggi storie di vocazione, strade nuove che si aprono davanti a uomini comuni. Con questo annuncio riprende – finalmente! – la lettura del vangelo di Marco, il vangelo di questo anno. E riprende con il racconto dell’inizio della predicazione di Gesù e della chiamata dei primi discepoli. Appena Giovanni cade nel silenzio perché arrestato da Erode, si alza il grido di Gesù. Il suo proclama è un vangelo, cioè una buona notizia. La Galilea, che aveva custodito il suo nascondimento, ora ode la sua parola. Gesù annuncia il regno di Dio e la sua sovranità effettiva sul mondo delle cose e degli avvenimenti, il compimento e la pienezza del tempo, la fine quindi di ogni attesa. È una buona notizia che apre nuove strade, mette gli uomini davanti a nuove possibilità, fa nuova la vita. In questo contesto è raccontata la chiamata dei primi discepoli. Così siamo di nuovo, ma in modo diverso, messi davanti al tema della vocazione, davanti alla nostra personale chiamata alla fede e alla vita cristiana.Il vangelo di Giovanni ci aveva condotto in questo mistero con più diplomazia e con più psicologia, presentandoci un cammino scandito da vari passaggi: il Battista, la conoscenza, la sequela, la testimonianza. Marco invece tratta l’argomento in modo molto più scarno e essenziale, diretto e immediato, al punto che ci sorprende e ci stupisce. L’ambiente non è quello pio e impegnativo del Giordano vicino a Giovanni che battezza, ma quello laico e quotidiano di una spedizione di pesca su un lago affollato. In questo assomiglia molto di più alla nostra situazione e alla nostra vita. Ma la chiamata, e quindi la fede, ci chiama e ci interpella proprio lì, nella vita concreta, mentre svolgiamo un lavoro comune. Anche per questo possiamo e dobbiamo sentire vicini Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Erano pescatori e pescavano. Non: erano pescatori e studiavano o pregavano o stavano nella sinagoga. La chiamata li coglie nel luogo più improbabile secondo i nostri schemi clericali. In Marco sta davanti a tutto e a tutti l’iniziativa di Dio, la sua irruzione nel tempo e nella vita degli uomini. La grazia, si potrebbe dire. Una grazia che deriva dall’annuncio del regno di Dio. È come una luce che si stende sul mondo e che mostra nuovi orizzonti. La liturgia propone un parallelo con la storia di Giona: e così Gesù appare come Giona, e i discepoli simili a Giona. Gesù è come Giona perché porta un messaggio forte, un appello alla conversione, a cui è legata la salvezza. È in mezzo alla gente – non nel deserto come Giovanni – che Gesù grida il suo proclama. Egli vede i pescatori e li chiama. La sua iniziativa non ha giustificazioni o spiegazioni umane. Con la stessa forza con cui annuncia il regno, Gesù chiama a seguirlo. E con la stessa efficacia, con cui compie prodigi, ora ottiene la risposta di Simone e dei suoi compagni.

Marco ci vuole insegnare che prima di tutto c’è l’azione di Dio e la sua grazia, che essere discepoli di Gesù o, almeno, essere chiamati alla fede in lui è un suo dono, una sua iniziativa. Non c’è merito nell’essere cristiani. Il meccanismo della vocazione non è prima di tutto un gioco psicologico, ma è un atto di Dio. È lui che dà inizio a tutto.

I discepoli sono simili a Giona perché rispondono con prontezza, come questa volta fa anche il profeta di Ninive. Ma sono simili a Giona anche perché sono testimoni di un cambiamento. Giona vide cambiare la grande città e anche il cuore di Dio. I discepoli vedono cambiare se stessi e il loro programma di vita: da pescatori di pesci a pescatori di uomini. La vita cristiana inizia con una vocazione e procede con un continuo cambiamento. Essere cristiani vuol dire essere sempre pronti a un continuo rinnovamento seguendo le esigenze dell’annuncio del regno. Queste esigenze le determina sempre Gesù che, come maestro, precede ogni passo del nostro cammino. L’inizio del nuovo anno liturgico è un’ottima occasione per rivedere e verificare, e per rimetterci in posizione dietro di lui.